Marcia della protesta e della speranza
Partanna – Palermo 6/11 marzo 1967
Menfi – Palermo 11/17 aprile 2011
Oggi so che la mia voce è la voce di ciascun siciliano sensato, di ciascun italiano di buon senso di ciascun uomo al mondo consapevole se dico: Non si può continuare così. Il vecchio mondo è finito, non ha senso cercare di resuscitare i cadaveri già decomposti, non ha senso affidare la nostra vita ai cadaveri e alle leggi e agli ordini dei cadaveri. Con tutto il rispetto, l’affetto e la gratitudine per chi ha faticato e pensato prima di noi cercando di rendere più civile il mondo, migliorare la vita, non possiamo non vedere che un nuovo mondo ci occorre, nel quale possiamo svilupparci da uomini veramente vivi, cioè tutti coraggiosamente, attivamente, organicamente fratelli tra noi. (…) E poiché il nostro vecchio mondo è uno strano cadavere, un cadavere che parla troppo, tornando più chiari e più forti ai nostri paesi, sappiamo che un enorme lavoro attende ciascuno di noi se vogliamo riuscire – con l’attenzione, l’intelligenza e l’impegno necessari – ad essere vivi come ci occorre a farci un mondo nuovo. (…) Sappiamo che dobbiamo produrre ciascuno fatti nuovi, costruire ciascuno un sano rapporto con gli altri, il suo pezzo di mondo nuovo.(…) Se noi riusciamo ad essere la vita, chi ci può fermare?(Danilo Dolci, sabato 11 marzo 1967 piazza Kalsa, Palermo)
Queste le parole, di Danilo Dolci, a conclusione del lungo corteo che passò alla storia come “La marcia della protesta e della speranza per la pace e per lo sviluppo”. Fu un evento storico di partecipazione e mobilitazione popolare per i diritti. Una storia siciliana non solo da ricordare, ma da riprendere e portare avanti, nella sua forza e nella sua attualità.
Ci si sta abituando all’idea che i Diritti e i Beni Comuni come l’Acqua, il Paesaggio, l’Aria e la Vita stessa vengano trasformati in merce da contrattare.
C’è bisogno di una nuova consapevolezza del presente e di riappropriarsi del futuro: di tornare ad agire e a sperare di poter cambiare il mondo.
Rinchiusi nella paura e nell’individualismo, guardiamo alle catastrofi che avvengono nel mondo come fossero uno spettacolo televisivo, un evento che riguarda Altri, Altrove. Altri di cui avere pietà quando sono lontani e di cui avere paura che si avvicinino troppo, tanto vicini da correre il rischio che quell’Altrove stia arrivando Qui. Così per paura si nasconde la testa sottoterra. Si accoglie come salvifico il messaggio imbonitore e autoritario della televisione e del potere, ci si nasconde sotto la loro ala protettrice e, come la rana degli esperimenti scientifici, si resta immobili, mentre la temperatura si alza, senza avere il coraggio di saltar fuori dalla pentole che presto bollirà. La paura ci immobilizza, la nostra impotenza diventa complice dell’incoscienza di un sistema votato all’autodistruzione, che fagocita risorse umane e naturali per accumulare profitti indebiti.
Dall’incoscienza e dalla paura c’è bisogno di uscire con coraggio e consapevolezza. Dalla rabbia che deriva dalla violenza subita, con creatività sociale e responsabilità civile. C’è bisogno di accogliere e riconoscere quegli Altri e quell’Altrove, di costruire insieme un Noi e un Qui fatto di Persone e di Comunità solidali, un noi tutto da inventare riappropriandoci insieme delle pratiche esistenziali come abitare, nutrirsi, lavorare, conoscere, aver cura di sé, degli altri e del bene comune, pratiche che sono assieme la fatica, il piacere e la libertà di vivere e che da troppo tempo abbiamo delegato ad un sistema che ci ha sedotto con la prospettiva del benessere e che in cambio ci ha chiesto l’anima.
E’ tempo di assumerci, in prima persona, la responsabilità costituzionale della tutela dei diritti umani e civili delle persone e quella dei Beni Comuni davanti allo spreco, alla speculazione e allo sfruttamento che oggi non solo la criminalità ma anche le multinazionali e purtroppo anche i governi fanno.
E’ la Repubblica nel suo insieme che riconosce e promuove tali diritti (art.2,3,5,9 della Costituzione), è per questo che nella latitanza delle Istituzioni, davanti alla arroganza e alla violenza dei profittatori e dei criminali è tempo di sentirci tutti responsabili in prima persona.
Rimettiamoci in marcia ….. per tornare a costruire insieme un percorso di protesta e di speranza per i Diritti delle Persone e per la tutela dei Beni Comuni.
dal 11 al 17 aprile 2011
da Menfi a Palermo
da Menfi a Palermo
per la Marcia della Sicilia Occidentale
Fonte: SiciliaPeriPeri