Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

mercoledì 20 dicembre 2006

La città etica e plurale secondo Re.La.Te. Rete dei Laboratori Territoriali

20/12/2006 - Comune Palermo

Presentato il progetto RE.LA TE. - Un laboratorio territoriale che si pone come obiettivo la promozione di nuove esperienze di pianificazione urbanistica, basata su processi di partecipazione in grado di coinvolgere la comunità locale e i diversi gruppi immigrati presenti sul territorio. È questo, in sintesi, il progetto, unico in Sicilia, che sarà portato avanti al Centro Sant'Anna. Il laboratorio svolgerà attività di ricerca e di progettazione sul campo attraverso un gruppo di lavoro di professionisti che, insieme con le comunità interessate, definiranno i comparti urbani su cui intervenire e, in base a problematiche e potenzialità emerse, valuteranno le modalità con cui operare. Le azioni principali dei laboratori, volte in particolare a favorire l'integrazione di immigrati sia in contesti urbani che rurali, consistono nel rilevare il degrado edilizio che caratterizza gli spazi occupati dagli immigrati con particolare riferimento ai luoghi di residenza, del lavoro, della formazione e dello svago, e la definizione delle modalità d'intervento per il miglioramento della qualità urbana. Ogni laboratorio lavora in autonomia, secondo le caratteristiche della propria area, rispettando, però, l'obiettivo del progetto di rete, gli impegni, le scadenze ai quali ogni partner deve attenersi. A questo scopo, si svilupperanno tre incontri tra i partner nel corso del progetto, come occasione di riflessione, di scambio di informazioni e proposte di lavoro condivise. Sono quattro i laboratori territoriali, oltre a quello che sarà costituito al Centro Sant'Anna, gli altri tre sono rispettivamente a Crotone, a Villa San Giovanni e uno a Valencia, in Spagna. Attraverso questi laboratori si redigerà il Manuale "Re.La.Te." per costruire nuovi scenari urbani della città multietnica, una vera e propria guida per la "città plurale". Il manuale ha lo scopo di definire indirizzi, principi e soluzioni possibili per "una città per l'uomo", sia esso residente o immigrato. Conterrà osservazioni sul fenomeno della multiculturalità urbana, buone prassi e linee guida. È prevista, inoltre, la redazione della "Carta europea dei servizi multicultural-oriented", in cui si descriveranno i bisogni di integrazione, i principi fondamentali su cui basare i servizi sia per gli immigrati che per i cittadini residenti, al fine di favorire i processi di integrazione attraverso la garanzia del diritto al rispetto della differenza. Re.La.Te. affronta la tematica dei movimenti migratori nel contesto Euro-Mediterraneo e costituisce un supporto per lo sviluppo di modelli di confronto e partecipazione tra culture differenti. I principali obiettivi di Re.La.Te. sono la creazione di una rete operativa tra paesi interessati al progetto, la creazione di strategie di comunicazione per la diffusione delle attività e dei risultati conseguiti, lo sviluppo e la sperimentazione di pianificazione urbanistica partecipata, l'elaborazione di proposte progettuali per la riqualificazione dei luoghi caratterizzati dalla presenza di immigrati, l'elaborazione e la diffusione di strumenti per la pianificazione della città multietnica e per una migliore accessibilità alle risorse e ai servizi, il riconoscimento del ruolo delle comunità migranti nei territori di nuova residenza. Il progetto-pilota contribuisce a realizzare gli strumenti per la costruzione di una "città etica", promuovendo l'applicazione di regole di civile coesistenza ispirate al rispetto delle differenze, al riconoscimento del loro valore, al fine di rinsaldare legami culturali tra popoli, sviluppare occasioni d'incontro nell'ambito dei processi di pianificazione urbana, i temi del rapporto tra le culture nel rispetto delle differenze, del recupero dell'identità sematica degli spazi urbani, delle nuove centralità urbane secondo la teoria dell'aggregazione interetnica, dei diritti della cittadinanza e dei doveri della coesistenza, del ruolo delle imprese per il superamento delle barriere culturali, del ruolo delle istituzioni per l'accoglienza. Considerata tra le migliori in Italia e chiamata ad esempio tra gli operatori del settore - sia per le molteplici attività sia per i risultati raggiunti - la struttura si occupa di problematiche connesse alla vita familiare, ai minori a rischio, alle ragazze madri, agli anziani, ai disabili, alla formazione, alle pari opportunità, agli extracomunitari, ai detenuti e agli ex detenuti. Il Centro si trova in piazza Santa Teresa alla Kalsa, 31, in otto vani dell'antico edificio dell'ex Opera pia "Istituto delle Artigianelle" ed è aperto da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 12. Una scommessa vinta, fin dalla sua nascita, il Centro Sant'Anna ha puntato su una scommessa, rivelatasi vincente: le capacità di partecipazione degli stessi utenti. Al suo interno partecipano ai corsi di prevenzione degli abusi sui minori e sulle donne; autogestiscono un baby parking, aiutandosi l'una con l'altra nell'emergenza; coadiuvano gli altri operatori nel gestire le attività dei minori. In pratica, gli utenti assolvono ad un'attività di promozione sociale quanto meno pari a quella degli operatori professionisti.

martedì 31 ottobre 2006

Palermo: il boom dei negozianti immigrati. Via Maqueda diventa multietnica

Ricerca della Cna: in un anno le attività gestite da extracomunitari sono aumentate del 42 per cento
di Isabella Napoli

Dal Bangladesh allo Sri Lanka, dal Marocco alla Tunisia. Sono sempre più numerose a Palermo le imprese extracomunitarie, soprattutto commerciali. Da una recente indagine della Cna, nel 2006 le imprese straniere in città sono passate da 324 a 767, con un aumento del 42,2 per cento, quattro punti oltre la media nazionale. Di queste, l´80,8 per cento, ben 620, sono negozi. È il commercio il settore principale di attività per gli immigrati. Ne è un esempio via Maqueda, una delle vie tradizionalmente più commerciali della città, dove negli ultimi dieci anni molte insegne locali hanno lasciato il posto a business extraeuropei, primo fra tutti l´artigianato etnico, seguito da negozi alimentari e solo da pochi anni anche da alcuni ristoranti, sui quali campeggiano le lanterne rosse made in China.
La comunità più attiva a Palermo è però quella del Bangladesh con 314 imprese. In via Maqueda, sono una ventina le insegne di questa nazionalità, botteghe nate dalla strada e dal commercio ambulante. La comunità di commercianti bengalesi è concentrata soprattutto tra via Venezia e i Quattro Canti.
«Sono arrivato a Palermo dalla Francia sedici anni fa - racconta Chowdhury Muhitur Rahman - per i primi anni ho lavorato come collaboratore domestico e ho messo dei soldi da parte. Per mettersi in proprio la cosa più facile era il commercio ambulante. Così ho iniziato nel 1996 a vendere bijoux per strada e nel 2000 ho aperto questo negozio in via Maqueda. Fino a un paio di anni fa si vendeva di più, ora c´è sempre più concorrenza soprattutto cinese e di altri connazionali». Rahman paga 700 euro al mese per un locale molto piccolo, con una sola vetrina. L´affitto per un negozio con due o tre vetrine può costare da 1000 a 2000 euro. «Quando ho preso la licenza di ambulante - continua - ho dovuto fare un corso per iscrivermi al Rec (registro esercenti il commercio, ndr). Ora basta andare al Comune e con qualche centinaio di euro, si ottiene una licenza di ambulante. Ma questo crea più concorrenza e meno lavoro».
Il commercio è uno degli sbocchi più immediati anche per i più giovani. Gnanaseelan Sivaskaran, 26 anni, è originario dello Sri Lanka ma da 13 anni vive a Palermo, con tutta la sua famiglia. Quattro anni fa, ha aperto un negozio di generi alimentari in via Maqueda. A diventare imprenditore, lo hanno aiutato due fratelli che vivono in Germania e gli hanno prestato una parte del budget iniziale: 10 mila euro. «Il primo ad arrivare a Palermo venti anni fa è stato mio padre - racconta - lavorava come cameriere. Io ho studiato fino alla terza media, ma poi avevo bisogno di lavorare. L´idea di mettermi in proprio me l´hanno suggerita i miei fratelli. La licenza al Comune mi è costata circa 300 euro e l´ho avuta nel giro di tre mesi».
Spezie, riso basmati, dolci e altri prodotti dallo Sri Lanka vanno forte anche tra i palermitani. Habibur Rahman Ahsan, 18 anni, viene dall´India e vende articoli da regalo e bijouterie vicino la discesa dei Giovenchi. «Il titolare è mio padre - dice - siamo specializzati in artigianato dall´Indonesia, dall´India e dalla Thailandia. Io tra poco mi diplomo all´Ipsia. Dopo spero di andare al Nord Italia a cercare lavoro in una grande azienda».
Tra le insegne targate Bangladesh, c´è anche quella di Azad Abulkalam, un piccolo coloratissimo bazar di lampade, arazzi e altri arredi etnici. «Ho iniziato come ambulante nel 1989 - dice - poi con l´aiuto di mia moglie ho messo su questo negozio nel 1997. Quando abbiamo aperto, eravamo ancora in pochi. Da quando sono a Palermo, ho lavorato duro e per ben dodici anni, non sono riuscito a tornare nel mio paese d´origine. Ora, c´è un po´ di crisi ma le mie figlie lavoreranno qui. Per battere la concorrenza, ho dovuto puntare su un artigianato di qualità. Qui, in via Maqueda, ci battono solo i cinesi. I loro prezzi sono più bassi».
Chinatown, in questa parte della città è alla fine di via Maqueda. I negozi vendono soprattutto abbigliamento e bijoux ma i loro proprietari dagli occhi a mandorla sono restii a parlare. Vicino alla stazione, tra le lanterne rosse, c´è anche un ristorante, Yong Feng Yuan. Ma se alcuni sbarcano, altri si preparano a fare le tende. «Tra un mese vado via - dice una mauritiana che vende collane e orecchini fatti a mano - l´affitto costa 300 euro e non ce la faccio più a pagarlo. Lascio dopo 10 anni, dovrò andare a lavorare come donna delle pulizie presso qualche famiglia».

La Repubblica Palermo
(31 ottobre 2006)

giovedì 15 giugno 2006

L'architettura per la città interetnica

Fonte: http://www.unipa.it/dispa/pubblicazioni/culottasciascia_interetnica.htm



I temi della sperimentazione didattica divengono spesso occasione per considerazioni ampie, per approfondimenti che trovano nei lavori degli studenti soltanto un incipit. Un avvio, quindi, ma anche un supporto per ulteriori tappe di studio. Questo libro, che mette a fuoco il tema della città interetnica, trae spunto dagli esiti di cinque Laboratori di Progettazione Architettonica tenutisi presso la Facoltà di Architettura di Palermo, ma pensiamo proceda oltre includendo riflessioni che, in alcuni casi, sembrano del tutto indipendenti dai risultati della didattica. Infatti, i saggi e i lavori degli studenti stanno insieme in un rapporto che è, al contempo, di forte connessione ma anche di totale autonomia. Per certi versi la città interetnica – affrontata didatticamente prima dal punto di vista delle abitazioni e poi da quello delle attrezzature per stranieri nel centro storico di Palermo – sembra essere l'occasione offerta dalla contemporaneità per riflettere, da una prospettiva nuova, su noti argomenti disciplinari, quali il costruire nel costruito, il rapporto con le preesistenze, la morfologia, la tipologia, l'abitazione e la struttura urbana, che trovano nel centro storico di questa città una loro specifica e rinnovata attualità.Ma in questa prospettiva critica emerge con chiarezza una nuova centralità data all'abitazione nella (ri)costruzione della struttura urbana. Forse un altro sottotitolo del libro avrebbe potuto essere La casa: dalla cellula abitativa all'abitazione. Infatti, nel rispetto delle trame urbane, ma eliminando a volte alcuni non sense planimetrici, memoria di una miseria certamente non meritata e tanto meno voluta, i progetti delle abitazioni hanno tenuto conto delle richieste avanzate dalle singole etnie, chiamate in causa in una forma misurata di partecipazione, includendole in una spazialità che la casa dei ceti meno abbienti non ha mai avuto. Piante e sezioni, ancora una volta su un piano parallelo a quello relativo ai contenuti etnici, propongono un nuovo modo di guardare all'abitazione. La lezione dell' existenz minimum e, in generale, quella derivante dalla ricerca sulla casa del Movimento Moderno, restano sullo sfondo come innovazioni ormai da tempo divenute tradizione. Le abitazioni per stranieri sembrano un anello successivo che ha saputo tenere conto del passaggio epocale avvenuto negli ultimi decenni del XX secolo quando la città, pur accogliendo nuove comunità, iniziava a costruire su se stessa. La casa è lontana dall'essere soltanto "spazio minimo per vivere": è anche luogo dove ci si può raccogliere a pregare, a giocare, a riflettere o a lavorare senza mai dimenticare le funzioni di base del nutrirsi e del riposare. In questo gioco del costruire nel costruito, determinato non per velleità didattica ma per una scelta reale che porta i nuovi immigrati ad insediarsi laddove gli affitti sono più bassi, cioè nel centro storico, l'abitazione torna ad essere protagonista e gli spazi domestici dei nuovi palermitani, suggeriti dagli studenti, aprono una traccia di ricerca innovativa che questa pubblicazione cerca di documentare e approfondire.