Le due proposte di legge di iniziativa
popolare per le quali è partita oggi la raccolta di firme. I casi
limite di chi ha dovuto fare 10 anni di battaglie legali dopo un diniego
ingiusto. Il Viminale condannato a pagare le spese
di Raffaella Cosentino, Redattore Sociale
ROMA.
Competenza dei sindaci nella procedura di attribuzione della
cittadinanza, passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli e diritto di
voto alle amministrative per gli stranieri. Sono queste le proposte
della campagna di raccolta firme per due leggi di iniziativa popolare
promossa da 19 associazioni e partita oggi con il primo banchetto al
Pantheon con lo slogan "L’Italia sono anch’io" (Pagina Facebook).
Per
quanto riguarda i cambiamenti alla normativa sulla concessione della
cittadinanza italiana, la proposta di legge stabilisce che chi nasce in
Italia da almeno un genitore legalmente presente sul territorio da un
anno è italiano. Per le seconde generazioni si propone lo ius soli anche
per chi non è nato in Italia ma va a scuola nel nostro paese. I bambini
nati in Italia da genitori privi del titolo di soggiorno o entrati in
Italia entro il decimo anno d’età possono diventare italiani se fanno
richiesta entro due anni dalla maggiore età. Per gli adulti, si abbassa
il requisito da 10 anni di soggiorno regolare, com’è oggi, a cinque anni
per poter chiedere di diventare italiano. Infine, per il diritto di
voto nelle comunità locali, la proposta è di concederlo per le elezioni
in città, province e regioni agli stranieri in possesso del titolo di
soggiorno da cinque anni.
Alla
campagna con raccolta firme hanno aderito le regioni Liguria, Toscana,
Puglia, Emilia Romagna e Umbria. Tra le iniziative programmate nei
prossimi giorni ci sono i banchetti per la raccolta anche a Sesto San
Giovanni domani in occasione del concerto di Daniele Silvestri e
domenica 25 durante la Marcia per la Pace Perugia – Assisi. Sabato 1
ottobre è previsto il lancio nazionale nelle piazze di tutta Italia. A
giustificare la necessità di cambiare passo sulla cittadinanza sono
anche le storie di diritti negati raccolte dal comitato promotore. Hamid
è un operaio metalmeccanico che vive a Trento da 22 anni con la
famiglia e tre figli nati in Italia e nel 2000 si è visto respingere la
richiesta per essere stato fermato cinque anni prima alla guida in stato
d’ebbrezza. Era stato condannato a 5 giorni di carcere, poi sostituiti
da un’ammenda. Da qui è partita una battaglia legale con ricorso al Tar
del Trentino Alto Adige, inizialmente respinto. Hamid e il suo avvocato
hanno fatto di nuovo ricorso nel 2006 al Consiglio di Stato che ha
ribaltato la decisione precedente. Hamid ha diritto alla cittadinanza e
il Ministero dell’Interno dovrà pagare le spese processuali.