di Carlo Gubitosa
1) In Italia e nel mondo esiste una
violenza economica, finanziaria, politica culturale e sociale che si
alimenta di guerre, sfruttamento, negazione dei diritti umani,
oppressione delle minoranze e repressione del dissenso. Questo è il dato
di base da cui partire, il nodo politico da sciogliere, la sfida che i
popoli si trovano ad affrontare in una precarietà che per la prima volta
accomuna il terzo mondo a Roma, Pechino, New York e Parigi.
2) Questa violenza sta togliendo futuro,
speranza, lavoro e dignità di vita a milioni di persone, e per questo
moltissime persone lottano con cuore puro e onestà di intenzioni
affinché questo non avvenga.
3) La lotta nonviolenta è lo strumento
più evoluto che abbiamo a disposizione per combattere questa violenza.
Quello più primitivo è la lotta violenta. Quello più inutile sono le
chiacchiere di chi non lotta ma critica la lotta degli altri.
4) Che la reazione violenta alle
ingiustizie sia preferibile all'inazione impotente quando non c'è la
possibilità di lottare in modo nonviolento è un principio sostenuto
dallo stesso Gandhi: "It is better to be violent, if there is violence
in our hearts, than to put on the cloak of non-violence to cover
impotence. Violence is any day preferable to impotence. There is hope
for a violent man to become non-violent. There is no such hope for the
impotent". In sintesi: chi è impotente e non lotta non deve travestirsi
da nonviolento per nascondere la sua inazione puntando il dito contro
gli altri. Chi lotta in modo violento deve sapere che esiste una forma
di lotta migliore.
5) In ogni caso la violenza di strada
che abbiamo visto in azione a Roma non c'entra nulla con la lotta alle
ingiustizie di cui parlava Gandhi. Può essere considerata come uno sfogo
sociale, come un termometro di un disagio che la politica ha il dovere
di intercettare rispondendo ai bisogni delle persone prima che alle
sollecitazioni dei "mercati", sarebbe meglio capirla che demonizzarla,
ma in nessun caso può essere elevata al rango di lotta violenta contro
l'oppressione del sistema politico/economico/militare. Infatti questa
violenza non produce risultati efficaci sul piano concreto e fornisce al
sistema strumenti culturali e simbolici per legittimare la propria
violenza. Una madonna di gesso spaccata è una foglia di fico per fetta
per nascondere le vite spaccate dalle "guerre umanitarie" e dallo
sfruttamento.
6) Anche di fronte ad una violenza di
strada discutibile sotto molti aspetti, la critica all'inutilità,
all'inefficacia o all'ingiustizia di questa violenza non è accettabile
se priva di coerenza e onestà intellettuale. Ci vuole infatti coerenza e
onestà intellettuale per dare la giusta proporzione tra il sasso
lanciato a Roma e la bomba lanciata a Kabul, e per affermare senza
ipocrisia che peggio della violenza individuale a mani nude c'è la
violenza armata di stato contro i cittadini, e peggio di questa c'è la
guerra, violenza armata degli eserciti e dei governanti contro
popolazioni che non li hanno eletti.
7) Purtroppo le voci dei movimenti
nonviolenti sono censurate, così come il pensiero anarchico libertario,
quello a cui si riferiva Gandhi quando diceva "The ideally non-violent
state will be an ordered anarchy. That State is the best governed which
is governed the least". Per questa ragione il discorso su etica e
violenza rimane prerogativa di una classe intellettuale e mediatica
zeppa di ipocriti dalla doppia morale, forti contro le violenze dei
deboli e muti contro le guerre dei forti. Gente che magari nel '68 non
lanciava sassi, ma si portava le P38 da casa, e oggi si straccia le
vesti sdegnate contro la violenza dei cittadini tappandosi gli occhi di
fronte alle guerre degli stati.
8) Per questa ragione condividerò e farò
mia ogni critica alle azioni violente di Roma che arrivi da persone
stimabili e impegnate in azioni dirette nonviolente che lottano da
sempre contro ogni forma di violenza, e sosterro' ogni forma di
resistenza nonviolenta al potere che sta schiacciando i popoli come mai
era capitato nella storia recente. Guarderò con diffidenza alle critiche
della gente che sta con le mani in mano a casa propria, e pretenderò
che oltre alle critiche suggeriscano anche delle alternative praticabili
di lotta nonviolenta, impegnandosi a realzzarle in prima persona anche
rischiando manganelli e carcere come chi fa violenza di strada oggi e
come chi ha fatto lotta nonviolenta ieri ai tempi di Gandhi e Martin
Luther King. Respingerò al mittente le critiche dei guerrafondai
perbenisti e ipocriti che si mettono la "maschera della nonviolenza" per
riempirsi la bocca di grandi principi, quando in realtà sono complici
sul piano culturale, morale, politico e giornalistico di una violenza
ben superiore a quella che criticano.
9) Tutto ciò premesso, sono convinto che
il settore dell'antagonismo, che ho avuto modo di conoscere
direttamente e di stimare per tantissime ragioni è purtroppo pieno di
colossali teste di minchia che non vedono l'ora di menare le mani per
sfogare le loro frustrazioni facendo i capetti delle masse popolari. E
in tanti anni che li seguo, non ho mai visto un grande leader
antagonista sanguinare per i manganelli tanto quanto i ragazzi
onestamente indignati e stufi del potere e delle sue violenze, mandati
al macello sul fronte dello scontro sociale assieme alla loro voglia di
cambiare il mondo.
10) Aggiungo anche che il settore del
giornalismo, che ho avuto modo di conoscere direttamente e di stimare
per tantissime ragioni, è purtroppo pieno di venduti e sepolcri
imbiancati, che strillano a comando come galline spennate quando i
cassonetti bruciano a Roma, e festeggiano le grandi conquiste della
democrazia quando i cassonetti bruciano in guerra assieme alle case e
alle persone. E in tanti anni che li seguo, non ho mai visto un grande
opinionista consumarsi le scarpe per raccontare le guerre e le tensioni
sociali rischiando tanto quanto i cronisti onestamente indignati e stufi
del potere e delle sue violenze, mandati al macello sul fronte delle
guerre umanitarie assieme alla loro voglia di raccontare il mondo.
Ne concludo pertanto che la vera lotta
da combattere non è solo la lotta collettiva contro le strutture
violente di potere organizzato, ma anche la lotta individuale contro la
tentazione del potere in tutte le sue forme: il potere di poter spaccare
impunemente quello che ci pare quando siamo in piazza a viso coperto,
il potere che ci permette di far crollare impunemente le economie di
intere nazioni premendo dei tasti sul computer giocando in borsa, il
potere che ci permette di ordinare impunemente agli stati la
devastazione del loro stato sociale e dei diritti dei lavoratori quando
scriviamo letterine ai governi dall'alto della Banca Centrale Europea,
il potere che ci permette di benedire impunemente potenti, dittatori e
criminali anche nome di un dio che li maledice nei cieli quando vestiamo
un abito relgioso, il potere che ci permette di controllare impunemente
con le menzogne l'opinione di milioni di persone quando facciamo i
giornalisti sui media di massa, il potere che ci permette di picchiare
impunemente cittadini inermi quando siamo in divisa, il potere che ci
permette di approvare impunemente guerre e missioni militari dopo aver
preso i voti di pacifisti, nonviolenti, antimilitaristi e cittadini
stufi dei soldi buttati nel cesso per il controllo militare e poliziesco
di un mondo in rivolta, che potrà salvarsi combattendo le mille facce
del potere con le mille tecniche della nonviolenza.
Fonte: Peacelink