Rifugiati. Dimenticanza illegittima
di Antonio Mazzeo
Migranti
nel centro di accoglienza anche dopo aver ottenuto il permessodi
soggiorno. Scatta la richiesta di rinvio a giudizio per il responsabile
del consorzio di cooperative “Sisifo” che gestiva il Cara di Sant’Angelo
di Brolo (Me). L’accusa è di truffa aggravata e continuata
Truffa
aggravata e continuata. È l’accusa formulata dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Patti nei confronti di Cono Galipò,
legale rappresentante del Consorzio di Cooperative Sociali “Sisifo” che
per un anno e mezzo (dal settembre 2008 al maggio 2010) ha gestito il
Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Sant’Angelo di
Brolo, comune della fascia tirrenica della provincia di Messina. Per
Galipò, uno dei maggiori operatori nell’ambito dell’accoglienza migranti
in Italia, è stato chiesto il rinvio a giudizio (l’udienza preliminare è
fissata per il prossimo 19 ottobre). La Procuratrice Rosa Raffa è
perentoria: “il rappresentante del consorzio – si legge nel dispositivo -
si è procurato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso” un
illecito profitto. Secondo la Procura, Galipò si sarebbe appropriato
“di 40 euro oltre Iva al giorno per ciascun cittadino comunitario, con
pari danno della Prefettura di Messina e del Ministero dell’Interno”. Il
sistema era semplice, bastava “non attivare immediatamente la procedura
di dismissione dei rifugiati dal centro di accoglienza dopo il
pronunciamento della commissione territoriale di Trapani e, comunque
dopo il rilascio del permesso di soggiorno”.
Secondo
i titolari dell’inchiesta, l’“illegittima permanenza al centro” di 248
richiedenti asilo provenienti da Africa, Medio oriente e sud-est
asiatico sarebbe stata complessivamente di 11.707 giorni e, conti alla
mano, avrebbe comportato l’“ingiusto” esborso di 468.280 euro (+ IVA) a
favore del consorzio. Per alcuni dei rifugiati si sono toccati tempi
record: 33 tra uomini e donne, sono stati trattenuti nel Cara di
Sant’Angelo di Brolo per più di 100 giorni dalla concessione del
permesso di soggiorno, con i casi estremi di Mahamuud A. (309 giorni),
Semere A. (288), Abdullah A.M. (231). Negli atti d’indagine, le
generalità degli “ospiti” sono incomplete e alcuni dei nomi trascritti
in maniera errata. Nessuno di essi è stato di conseguenza individuato
come parte offesa dagli
inquirenti e non potrà costituirsi in sede di giudizio. Galipò intanto
giustifica l’operato dell’ente gestore del Cara con l’assunto che “i
profughi hanno semplicemente aspettato di essere trasferiti da un centro
a un altro”. L’operatore gode della incondizionata solidarietà dei
dirigenti di LegacoopSicilia e LegacoopSociali che in una nota hanno
espresso “piena fiducia” nella magistratura che “certamente farà
chiarezza confermando la correttezza della gestione del Centro da parte
del Consorzio, in ogni ambito improntata a criteri di trasparenza,
correttezza e professionalità, in special modo nell’assistenza agli
immigrati che ha visto Cono Galipò agire con profondo amore e passione
praticando i valori della solidarietà…”. A fianco dell’imputato (ex
sindacalista Cgil) pure la Cisl siciliana convinta che il Cara di
Sant’Angelo ha offerto “servizi eccellenti sia in termini efficienza sia
in termini di qualità,
registrando pure una integrazione sociale tra la popolazione residente e
gli ospiti”.
In
verità, dopo la decisione del ministro degli interni (settembre 2008)
di utilizzare il piccolo centro “temporaneamente e comunque non oltre il
31 dicembre c.a.” per accogliere “per brevi periodi, cittadini
stranieri provenienti dai centri di prima accoglienza, quindi già
identificati e in attesa di essere regolarizzati”, una parte della
popolazione aveva inscenato dure proteste anti-migranti, alimentate da
amministratori e politici locali. Poi, con le assunzioni di alcuni
residenti, il malumore si dileguò e il centro fu tenuto in vita dalla
Prefettura di Messina a suon di proroghe sino al maggio 2010. La
convenzione attribuiva al Consorzio “Sisifo” la gestione di “tutti gli
interventi relativi all’accoglienza di n. 100 stranieri e più
precisamente l’assistenza generica e
sanitaria, la fornitura di pasti, posto letto completo di cambio
biancheria, prodotti per l’igiene personale, vestiario, generi di
conforto e servizi di pulizia”. Interventi che
non sempre hanno lasciato soddisfatti gli ospiti della struttura.
“Alcuni dei rifugiati si sono lamentati perché in qualche occasione non
gli sono stati garantiti i kit giornalieri di tovaglie, sapone e
sigarette”, racconta la sociologa delle migrazioni Tania Poguish. “Ancora più grave l’inidoneità della struttura che ha ospitato il Cara, un edificio di proprietà del ministero della Giustizia costruito per essere adibito a pretura. Il centro aveva la caratteristica di un luogo chiuso, inaccessibile. All’ingresso c’era un cancello blindato e l’area era vigilata da poliziotti. Gli
ospiti, tra cui molte donne e bambini, potevano uscire solo in alcuni
orari”. Ancora un non-luogo dove rendere invisibili rifugiati e
migranti, ennesima occasione mancata per affermare i principi di solidarietà e il diritto all’accoglienza.
Dopo la chiusura, il centro di Sant’Angelo di
Brolo è stato convertito in residenza sanitaria assistenziale per
anziani non autosufficienti e disabili e la gestione affidata alla
cooperativa “Servizi sociali” di San Piero Patti, il cui rappresentante
legale, manco a dirlo, è Cono Galipò, mentre direttore generale è il
figlio Carmelo, consigliere comunale di minoranza a Capo d’Orlando.
Cono
è operatore instancabile e dalle molteplici passioni olitiche. Ex
iscritto Pci, consigliere comunale con il Psi e da indipendente con
Forza Italia, poi Margherita e oggi Pd (area vicina al deputato
Francantonio Genovese, ex sindaco di Messina), Galipò è attivo a Capo
d’Orlando nel settore turistico-alberghiero ed è presidente
dell’Associazione siciliana Leucemia Onlus e di T Sanità, società
Legacoop attiva a livello nazionale nel settore dell’assistenza
sanitaria. L’incarico che più conta è però quello di vicepresidente del
Consorzio “Sisifo”, costituito da 25 cooperative sociali con sedi in
mezza Sicilia in grado di coprire il più ampio ventaglio di interventi
sanitari e socio-assistenziali a favore di diversamente abili, anziani e
malati terminali e di gestire alloggi per
minori, asili nido, comunità terapeutiche e centri di accoglienza per
immigrati.
È
grazie a “Sisifo” che Cono Galipò è stato nominato amministratore
delegato di Lampedusa Accoglienza, la società a responsabilità limitata
costituita insieme a BlueCoop (Consorzio Nazionale Servizi di Bologna)
che dal giugno 2007 gestisce il Centro di soccorso e prima accoglienza
(CSPA) di Lampedusa. Oltre 44.000 ospiti nei primi due anni e mezzo di
funzionamento a cui si aggiungono le decine di migliaia di transiti del
primo semestre 2011. Omologato per ospitare 804 persone (ma ne sono
state stipate sino a 2.000), Lampedusa genera introiti alla Srl per
oltre due milioni e mezzo di euro l’anno. Per ogni migrante assistito,
lo Stato versa giornalmente 33,42 euro, 16 euro in meno della gestione
precedente. Lampedusa Accoglienza sbaragliò gli avversari con un ribasso
di oltre il 30% che fece
sollevare più di un’obiezione. “Gestiamo tutto attraverso grandi centri
d’acquisto che ci permettono economie di scala”, ribatte Galipò. “Le
carte telefoniche, ad esempio, le compriamo direttamente da Tim, hanno 5
euro di valore in telefonate, ma a noi costano meno. Usiamo poi
contratti d’inserimento lavorativo e altre forme che permettono sgravi
contributivi”. Più risparmi e più precarietà delle figure professionali
occupate.
“Lo
status del centro di Lampedusa è sempre meno definito”, commenta il
giurista Fulvio Vassallo Paleologo dell’Università degli studi di
Palermo. “Era un centro di prima accoglienza e dopo la breve parentesi
nel febbraio del 2009, come Cie (centro d’identificazione ed espulsione)
è stato di nuovo trasformato di fatto, dal 2 maggio 2011, in un centro
di detenzione, con il trattenimento amministrativo di oltre 200
immigrati tunisini che attendevano che fossero espletate le procedure
per il loro rimpatrio. Oggi si isolano le persone in strutture chiuse a
tempo indeterminato, limitandone di fatto la libertà personale per
settimane, solo per effetto di misure di polizia”.
Invivibilità,
sospensione del diritto, sovraffollamento, sensazione diffusa di
incertezza ed è così che esplodono nei centri “d’accoglienza” proteste,
tensioni, autolesionismi. La memoria va a quanto accaduto il 21 febbraio
nel centro di Lampedusa dopo un violento diverbio tra gli ospiti
esasperati dalle lunghe file per i pasti. O al CSPA di Cagliari Elmas,
quando l’11 ottobre 2010 un centinaio di immigrati
occuparono gli alloggi ricavati all’interno dell’area militare dello
scalo aeroportuale mentre una decina di persone riuscivano a fuggire
raggiungendo la pista poi chiusa al traffico aereo. La rivolta,
tentativo estremo di impedire il trasferimento di alcuni immigrati in un
altro centro italiano, fu brutalmente repressa dalle forze
dell’ordine con cariche e lanci di lacrimogeni. “Elmas è peggio di una
prigione, con sbarre, ringhiere alte 3 metri, telecamere di
sorveglianza; dispone di spazi irrisori e anche l’ora d’aria, concessa
ai detenuti nelle galere normali, qui è quasi impraticabile”, denuncia
il coordinatore di Libera Sardegna, Giampiero Farru. Dall’agosto 2010 la
gestione del centro semidetentivo cagliaritano è passata proprio al
Consorzio “Sisifo” che ha pure tentato, con poca fortuna, di
accaparrarsi il controllo dei famigerati Cie di Torino e Ponte Galeria
(Roma), dell’ibrido Cie-Cara di Gradisca d’Isonzo e del centro di prima
accoglienza di Borgo Mezzanone (Foggia).
Miglior
sorte per le coop siciliane a Castroreale (Messina), dove nel febbraio
2011 è stato approvato un progetto triennale per ospitare all’interno
della ex caserma dei carabinieri un paio di famiglie di profughi.
Finanziato con 714.471 euro dal ministero dell’interno e 179.361 euro
dal Comune, il centro affidato a “Sisifo” ha una disponibilità di 15
posti letto. Mini ospitalità dai costi maxi: Castroreale comporta
infatti una spesa pro capite di 55,2 euro al giorno, 22 in più di
Lampedusa e 15 del Cara di Sant’Angelo di Brolo finito sotto indagine.
L’emergenza migranti, insomma, sembra sempre più un affare per chi
lavora nel “sociale”.
Articolo pubblicato in Left Avvenimenti, n. 29 del 22 luglio 2011