IL CASO
Il Tar blocca l'espulsione di un senegalese. Smentita la Questura che gli negò la regolarizzazione in base alla Bossi-Fini. Contestato il reato di clandestinità.
di CLAUDIO ERNÈ
Una secca smentita alla Questura e alla Prefettura di Trieste. Viene dai magistrati del Tribunale amministrativo regionale che hanno bloccato l'espulsione di un giovane senegalese che aveva chiesto di regolarizzare la propria posizione di giardiniere ma che in base a una interpretazione minoritaria della legge Bossi-Fini aveva ricevuto dal questore un decreto che gli imponeva di lasciare il territorio italiano.
Il Tar ha bloccato l'iniziativa del ministero degli Interni e ha implicitamente concesso a Ibraima Faye di continuare a lavorare a Trieste almeno fino al momento in cui il suo ricorso verrà discusso nel merito.
La vittoria in questa causa-pilota, promossa da Daniela Schifani Corfini, vedova del giornalista Marco Luchetta ucciso nel 1994 a Sarajevo, consente ad almeno altri 70 senegalesi che vivono a Trieste di evitare l'immediata espulsione decretata dalla Questura. Tutti avevano aderito alla "sanatoria" prevista dalla legge Bossi- Fini, ma l'interpretazione fornita allo stesso provvedimento dalle autorità locali ha riservato loro e ai loro datori di lavori una amara sorpresa.
«Mi sono autodenunciata; ho pagato tra i 700 e gli 800 euro per la sanatoria. Ho versato quanto dovuto all'Inps per i contributi previdenziali. Il ministero degli Interni da Roma mi aveva assicurato che nulla ostava all'applicazione della sanatoria nonostante la condanna subita per clandestinità» spiega Daniela Schifani Corfini. «Invece si sono fatti beffa di quanto avevano affermato e a Trieste hanno respinto la domanda, sostenendo che Ibraima aveva subito una condanna. Subito dopo l'hanno espulso. Volevano metterlo sull'aereo a brevissima scadenza. Per questo sono ricorsa al Tar. Poi ho protestato col ministero ma mi hanno risposto sostenendo che quanto avevano detto in precedenza valeva poco o nulla perché il parere mi era stato trasmesso via Internet e non con un documento ufficiale. I soldi che in tanti abbiamo pagato però se li sono tenuti ben stretti».
Il Tribunale amministrativo nei giorni scorsi ha fatto chiarezza su questa situazione, bloccando l'espulsione perché la pena inflitta al giovane senegalese per il reato di clandestinità, è inferiore a quelle che secondo la legge Bossi-Fini consentono di adottare un provvedimento ultimativo. Va aggiunto che il Tar del Friuli Venezia Giulia si affianca con questa decisione a quelli del Veneto e della Toscana. Di parere opposto il Tribunale amministrativo dell'Emilia Romagna che ha confermato le espulsioni decise dai questori di quella regione indipendentemente dall'entità della condanna subita.
«Non credo che la guerra per salvare questi ragazzi dal rimpatrio forzato sia vinta. È solo una battaglia che si è conclusa favorevolmente e per questo in tanti oggi tiriamo un sospiro di sollievo. La vera delinquenza sta in altre sedi, in altri palazzi» dice, tra il soddisfatto e il polemico, Daniela Schifani Corfini.
Da Il Piccolo di Trieste
sabato 12 giugno 2010
Il Tar del Friuli Venezia Giulia blocca l'espulsione di un senegalese. Contestato il reato di clandestinità
Pubblicato da
Tindara Ignazzitto
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