Al Presidente della Repubblica
Al Presidente della Regione Siciliana
Al Sindaco di Palermo
Al Presidente del Consiglio Comunale di Palermo
Al Prefetto di Palermo
Al Questore di Palermo
e ai cittadini di Palermo
OGGETTO: emergenza rifugiati sudanesi - Laboratorio Zeta di Palermo
Siamo 32 ragazzi sudanesi. Siamo tutti scappati da un paese dove c’è la guerra.
In Sudan i problemi legati alla politica ci sono da più di 20 anni, in Sud Sudan hanno causato circa 2 milioni di morti e circa 6 milioni di profughi. Nel Darfur, che è la regione da dove noi arriviamo, dal 2003 c’è una terribile guerra civile che ha causato circa 500.000 morti e 2 milioni di profughi. Noi siamo stati costretti a scappare, a lasciare le nostre famiglie, il nostro lavoro, la nostra terra per non rischiare ogni giorno di morire.
E in Sudan i problemi politici stanno aumentando sempre più.
Qui in Italia abbiamo ottenuto l’asilo politico.
Da quando siamo a Palermo (alcuni arrivati nel 2003, altri negli anni seguenti) viviamo in via Boito 7, al Laboratorio Zeta, che è diventato la nostra casa. Assieme ai ragazzi italiani abbiamo ricominciato a vivere, quando è possibile a lavorare ed anche a studiare l’italiano e conoscere i nostri diritti.
Dal 19 gennaio, dopo uno sgombero, dormiamo nelle tende. E da allora ci chiediamo se un paese dove l’asilo politico è un diritto, non deve anche garantire la nostra permanenza nel luogo che ci ha accolti quando non avevamo nessuno che ci aiutava.
Abbiamo passato più di venti giorni all'aperto con pioggia, gelo e vento forte, ma per noi la questione non è solo quella di un letto per dormire.
Al Laboratorio Zeta abbiamo vissuto anche un sacco di eventi sociali: abbiamo festeggiato matrimoni, abbiamo pianto insieme i nostri morti, abbiamo gioito quando sono nati nuovi bambini.
Perdere Zeta per noi vuol dire perdere un centro culturale, che ci potrà aiutare a risolvere molti problemi di integrazione in una nuova società e contribuire anche a risolvere i problemi individuali con discussioni, consigli e consulenza di italiani, persone colte e specialisti in vari settori.
Chiediamo solo di potere continuare ad abitare come uomini civili al Laboratorio Zeta.
Vogliamo rimanere tutti insieme, sudanesi e italiani, e ricominciare a studiare nella nostra biblioteca, tornare a dormire nei nostri letti e continuare tutte le altre nostre attività.
Così ci auguriamo che le autorità risolvano il nostro problema del Laboratorio Zeta, un centro culturale che, anche con poche risorse, ha saputo fornire servizi utili e risposte efficaci ai nostri bisogni.
9 febbraio 2010
La Comunità Sudanese del Laboratorio Zeta