Quantità, continuità e qualità dei corsi non coprono la domanda, con gravi situazioni logistiche, carenza di sedi e anche di volontari nel Lazio rispetto a Roma
Roma - Ancor più carente dell’area romana è la situazione per i territori provinciali di tutto il Lazio sul fronte dell’apprendimento della lingua italiana per gli stranieri. Quantità, continuità e qualità dei corsi non coprono la domanda, con gravi situazioni logistiche, carenza di sedi e anche di volontari (rispetto alla capitale). Spesso per l’impossibilità di tenere più corsi, si tengono insieme nella stessa classe studenti di livelli diversi con difficoltà didattiche notevoli, si soffre per l’approssimazione degli interventi, e in generale, per la mancanza di attenzione delle istituzioni a un problema che è decisivo per l’inclusione dei migranti. E’ l’allarme lanciato dal rapporto della rete “Scuolemigranti” per tutto il territorio regionale, con particolare riferimento ad alcune aree, come quella del litorale romano, ad alta crescita della popolazione con una forte componente immigrata, all’interno di ‘città-dormitorio’ con pochissima comunicazione tra residenti e stranieri, che “si radunano nei bar e nei giardini”.
E’ soprattutto l’isolamento l’ostacolo più grave che le associazioni di volontariato incontrano istituendo corsi di italiano per stranieri. Questo si traduce, secondo il rapporto, in “assenza di una rete di servizi e di azioni di assistenza alloggiativa, legale e lavorativa”. Per questo la rete di “Scuolemigranti”, propone percorsi di sensibilizzazione e di genellaggio tra scuole romane e proviniciali. Nella rete, infatti, nata l’anno scorso con il sostegno di Cesv e Spes, ci sono realtà molto eterogenee, dalle grandi organizzazioni come la Caritas e la Casa dei diritti Sociali a realtà più piccole con esperienze di frontiera come Asinitas Onlus e l’Associazione Di 28 ce n’è uno. L’obiettivo è di creare una comunità professionale per uscire dalla solitudine e fare ‘massa critica’, da stimolo al settore pubblico. E’ la Comunità di Sant’Egidio la realtà più grande a livello capitolino, con 2.323 iscritti nelle sue quattro scuole da Trastevere al Pigneto, seguita dalla storica scuola di via Giolitti della Casa dei diritti sociali che ospita 1400 studenti l’anno. Esperienze oramai ventennali, da cui la comunità di Sant’Egidio, ad esempio, ha tratto anche un manuale.
“Oggi dai nostri studenti vediamo un’immigrazione molto qualificata ma sottoimpiegata”, afferma Cecilia Pani, insegnante della Scuola di Trastevere, dove dal 1984 ad oggi si è visto il passaggio da una preponderanza di studenti uomini dell’Africa subsahariana e del Maghreb, alla situazione attuale con maggioranza di donne dell’Est Europa. “Tra di loro c’è una percentuale molto elevata di laureate”. Questa inversione di flussi migratori e di presenza tra i banchi, indica che Roma offre lavoro agli immigrati nei servizi domestici alla persona e nei cantieri edili, dove trovano lavoro coloro che provengono dall’ex Unione Sovietica. “Inoltre anche la composizione delle classi sta cambiando – spiega ancora Pani – negli ultimi quattro anni sono aumentate le richieste per corsi di livello più elevato. Tanto che abbiamo un numero uguale di lezioni per principianti e per livelli più alti”.
Esperienze più informali e di frontiera sono anche quelle di piccole associazioni, che si scontrano con la mancanza di sedi per svolgere i corsi. La Scuola “Insensinverso” che opera nei quartieri Magliana e Montagnola è riuscita a coinvolgere anche mamme di cultura islamica in classi miste attraverso l’espediente di laboratori per i loro bambini. Ma da quando esiste, dal 2006, sta cercando una collocazione stabile. “Una battaglia lunga e faticosa per avere un locale”, spiegano Simone Sestieri e Laura Basta, insegnanti, “il primo anno eravamo ospiti della Consulta del volontariato del quindicesimo municipio, poi del comitato di quartiere della Magliana, da un anno siamo in trattativa con il municipio per l’affidamento dei locali di un ex centro anziani, ma per ora dobbiamo chiedere l’autorizzazione ogni settimana per il giorno in cui li usiamo”. Il loro sogno è di costituire un’officina culturale gestita paritariamente da italiani e migranti. “Senza casa” è anche l’associazione “Di 28 ce n’è uno” che opera alla Garbatella e nella bassa Sabina e tiene le lezioni a casa dei volontari o degli studenti con corsi individuali o minigruppi al massimo di cinque persone, focalizzati sui bisogni dell’apprendente e su materiali innovativi da youtube alle chat. (rc)
© Copyright Redattore Sociale
Roma - Ancor più carente dell’area romana è la situazione per i territori provinciali di tutto il Lazio sul fronte dell’apprendimento della lingua italiana per gli stranieri. Quantità, continuità e qualità dei corsi non coprono la domanda, con gravi situazioni logistiche, carenza di sedi e anche di volontari (rispetto alla capitale). Spesso per l’impossibilità di tenere più corsi, si tengono insieme nella stessa classe studenti di livelli diversi con difficoltà didattiche notevoli, si soffre per l’approssimazione degli interventi, e in generale, per la mancanza di attenzione delle istituzioni a un problema che è decisivo per l’inclusione dei migranti. E’ l’allarme lanciato dal rapporto della rete “Scuolemigranti” per tutto il territorio regionale, con particolare riferimento ad alcune aree, come quella del litorale romano, ad alta crescita della popolazione con una forte componente immigrata, all’interno di ‘città-dormitorio’ con pochissima comunicazione tra residenti e stranieri, che “si radunano nei bar e nei giardini”.
E’ soprattutto l’isolamento l’ostacolo più grave che le associazioni di volontariato incontrano istituendo corsi di italiano per stranieri. Questo si traduce, secondo il rapporto, in “assenza di una rete di servizi e di azioni di assistenza alloggiativa, legale e lavorativa”. Per questo la rete di “Scuolemigranti”, propone percorsi di sensibilizzazione e di genellaggio tra scuole romane e proviniciali. Nella rete, infatti, nata l’anno scorso con il sostegno di Cesv e Spes, ci sono realtà molto eterogenee, dalle grandi organizzazioni come la Caritas e la Casa dei diritti Sociali a realtà più piccole con esperienze di frontiera come Asinitas Onlus e l’Associazione Di 28 ce n’è uno. L’obiettivo è di creare una comunità professionale per uscire dalla solitudine e fare ‘massa critica’, da stimolo al settore pubblico. E’ la Comunità di Sant’Egidio la realtà più grande a livello capitolino, con 2.323 iscritti nelle sue quattro scuole da Trastevere al Pigneto, seguita dalla storica scuola di via Giolitti della Casa dei diritti sociali che ospita 1400 studenti l’anno. Esperienze oramai ventennali, da cui la comunità di Sant’Egidio, ad esempio, ha tratto anche un manuale.
“Oggi dai nostri studenti vediamo un’immigrazione molto qualificata ma sottoimpiegata”, afferma Cecilia Pani, insegnante della Scuola di Trastevere, dove dal 1984 ad oggi si è visto il passaggio da una preponderanza di studenti uomini dell’Africa subsahariana e del Maghreb, alla situazione attuale con maggioranza di donne dell’Est Europa. “Tra di loro c’è una percentuale molto elevata di laureate”. Questa inversione di flussi migratori e di presenza tra i banchi, indica che Roma offre lavoro agli immigrati nei servizi domestici alla persona e nei cantieri edili, dove trovano lavoro coloro che provengono dall’ex Unione Sovietica. “Inoltre anche la composizione delle classi sta cambiando – spiega ancora Pani – negli ultimi quattro anni sono aumentate le richieste per corsi di livello più elevato. Tanto che abbiamo un numero uguale di lezioni per principianti e per livelli più alti”.
Esperienze più informali e di frontiera sono anche quelle di piccole associazioni, che si scontrano con la mancanza di sedi per svolgere i corsi. La Scuola “Insensinverso” che opera nei quartieri Magliana e Montagnola è riuscita a coinvolgere anche mamme di cultura islamica in classi miste attraverso l’espediente di laboratori per i loro bambini. Ma da quando esiste, dal 2006, sta cercando una collocazione stabile. “Una battaglia lunga e faticosa per avere un locale”, spiegano Simone Sestieri e Laura Basta, insegnanti, “il primo anno eravamo ospiti della Consulta del volontariato del quindicesimo municipio, poi del comitato di quartiere della Magliana, da un anno siamo in trattativa con il municipio per l’affidamento dei locali di un ex centro anziani, ma per ora dobbiamo chiedere l’autorizzazione ogni settimana per il giorno in cui li usiamo”. Il loro sogno è di costituire un’officina culturale gestita paritariamente da italiani e migranti. “Senza casa” è anche l’associazione “Di 28 ce n’è uno” che opera alla Garbatella e nella bassa Sabina e tiene le lezioni a casa dei volontari o degli studenti con corsi individuali o minigruppi al massimo di cinque persone, focalizzati sui bisogni dell’apprendente e su materiali innovativi da youtube alle chat. (rc)
© Copyright Redattore Sociale