Domani, 8 marzo 2012, non sarà una giornata di festa.
La giornata internazionale della donna è l’occasione, ancora una volta,
per constatare quanto siano arretrati, in questi ultimi anni, i diritti
delle donne siano arretrati, insieme ai diritti di intersessuali e
trans.
Le donne italiane ancora oggi sono vittime di discriminazioni e
forma di violenza. In Italia è emergenza per gli omicidi di donne
compiuti da compagni, mariti, amanti, familiari.
Nel nostro paese impera la rappresentazione della donna quale oggetto sessuale, una rappresentazione vincolata agli stereotipi circa i ruoli e le responsabilità dell’uomo e della donna nella famiglia e nella società. Il numero delle donne parlamentari è tra i più bassi in Europa e nel mondo, le donne sono scarsamente presenti nei posti dirigenziali pubblici e privati, guadagnano meno e restano più a lungo disoccupate. La crisi economica e il definanziamento del welfare e la mancanza di asili nido pesano in primo luogo sulle donne.
Nel nostro paese impera la rappresentazione della donna quale oggetto sessuale, una rappresentazione vincolata agli stereotipi circa i ruoli e le responsabilità dell’uomo e della donna nella famiglia e nella società. Il numero delle donne parlamentari è tra i più bassi in Europa e nel mondo, le donne sono scarsamente presenti nei posti dirigenziali pubblici e privati, guadagnano meno e restano più a lungo disoccupate. La crisi economica e il definanziamento del welfare e la mancanza di asili nido pesano in primo luogo sulle donne.
L’Italia non ha ancora ratificato la Convenzione del
Consiglio d’Europa siglata ad Istanbul l’11 maggio del 2011, che mira
a proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.
Come associazione per la promozione dei diritti delle persone
LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans), non possiamo non evidenziare
come ci sia in Italia e nel mondo un’emergenza discriminazione per le
lesbiche, che scontano il doppio stigma: di genere e di orientamento sessuale.
Il nostro 8 marzo sarà dedicato a tre donne: Martine Abessolo, Estelle Abena Belinga e Léonie Doula.
Martine, Estelle e Léonie verranno processate proprio l’8 marzo a Ambam,
in Camerun, per omosessualità. Tre giovani donne sotto i trent’anni,
che secondo l’articolo 374 bis del codice penale rischiano fino a 5 anni
di carcere non per aver commesso un crimine, ma perché si innamorano di
altre donne. Una di loro è sposata, e se riconosciuta colpevole sarebbe
anche obbligata a divorziare a proprie spese e a non vedere mai più i
propri figli.
Martine, Estelle e Léonie sono difese da Me Alice Nkom, presidente
de l’Association de défense de l’homosexualité (Adefho), che rileva
come l’art. 374 bis sia “illegale, irregolare e viola i diritti
fondamentali e di libertà degli accusati”.
Gli arresti per omosessualità si sono moltiplicati negli ultimi
mesi in Camerun, e a Douala, la capitale economica del Paese, si
segnalano numerosi casi in cui donne giovanissime vengono espulse da
scuola perché sospettate di essere lesbiche. Poco più di un anno e mezzo fa, la
Chiesa Cattolica del Camerun ha minacciato di organizzare una grande
marcia per impedire al Parlamento di ratificare il protocollo di Maputo sui diritti della donna africana, che difendendo il diritto di
scelta in materia di sessualità avrebbe incoraggiato l’omosessualità
(!)
Domani la nostra associazione non festeggerà, perché troviamo che
non ci sia nulla da festeggiare.
Aspetteremo l’esito dell’udienza,
per Martine, Estelle e Léonie, sperando in un domani migliore per le
donne africane e un domani di libertà per le lesbiche di tutto il mondo.