Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

giovedì 2 dicembre 2010

3 dicembre, Palermo: Seminario internazionale Elogio dell'Antropologia, o il mestiere di antropologo / Apology for Anthropology, or the anthropologist's craft

Elogio dell’antropologia, o il mestiere di antropologo
Apology for Anthropology, or the anthropologist’s craft

Seminario internazionale
a cura di Gabriella D’Agostino (Università di Palermo)
Vincenzo Matera (Università di Milano Bicocca)

Venerdì 3 dicembre
h. 9.30-19.00
Centro Sperimentale di Cinematografia
Cantieri Culturali alla Zisa – Sala Bianca

PROGRAMMA

9.30 – Saluti
Prof. Roberto Lagalla, Rettore dell’Università degli Studi di Palermo
Prof. Ignazio E. Buttitta, Presidente della Fondazione Ignazio Buttitta
Prof. Girolamo Cusimano, Direttore del Dipartimento di Beni Culturali, Storico-Archeologici, Socio-Antropologici e Geografici

10.00 – Introduzione
Prof. Gabriella D’Agostino (Università di Palermo)
Prof. Vincenzo Matera (Università di Milano Bicocca)


10.30 – Interventi
Prof. Ulf Hannerz (Università di Stoccolma)
Prof. Mondher Kilani (Università di Losanna)


11.45 – Coffee break


12.00 – Dibattito


15.00 – Interventi
Prof. Helena Wulff (Università di Stoccolma)
Prof. Kevin Dwyer (Columbia University, New York)


16.45 – Coffee break


17.00 – Dibattito


18.30 – Conclusioni


Nota orientativa


Che posto occupa, nella società contemporanea, l’antropologia culturale? Quale contributo specifico può offrire la prospettiva antropologica per la comprensione dei fenomeni sociali? Di quali strumenti dispone l’antropologo per interpretare la ‘natura’ dei numerosi conflitti (politici, sociali, religiosi, ecc.) che attraversano la società contemporanea, per dar corpo alle ‘ragioni’ dei migranti, per rendere evidenti le gerarchie di genere? La specificità e le grandi potenzialità dell’approccio antropologico si celano proprio nella sua capacità di ‘destabilizzare’ visioni consolidate e rassicuranti, di smascherare come ideologiche e strumentali molte delle rappresentazioni pregiudiziali e stereotipate in mezzo alle quali si formano le nostre opinioni di buoni cittadini. Gli artifici retorici, le argomentazioni contraddittorie che l’oratoria politica del nostro tempo utilizza in grandi dosi e con la sapiente furbizia del pubblicitario per catturare consenso appaiono, se osservati con le lenti della critica antropologica, null’altro che degli strumenti di costruzione del conflitto sociale, della paura, della subordinazione. Al contrario, l’antropologo può fornire a chi ha la responsabilità di individuare, comprendere, risolvere, in modo costruttivo, i problemi della nostra contemporaneità, degli strumenti concettuali e metodologici importanti.


Se, come siamo convinti, il sapere antropologico non è soltanto un sapere specialistico destinato a comunità di pochi iniziati, ma deve ambire a presentarsi – oggi più che mai – come un punto di vista qualificato sul mondo, esso deve essere in grado di costruire un discorso capace di estendere l’immaginario della società in cui prende forma e a cui si rivolge. Il seminario si avvarrà dell’esperienza di antropologi di fama internazionale che proporranno una riflessione e formuleranno alcune risposte alle questioni sollevate, alla luce della loro pratica antropologica pluridecennale.


What is the place that cultural anthropology occupies within present-day societies? What kind of specific contribution an anthropological perspective can offer for understanding social phenomena? Do anthropologists have a kind of special instruments, both theoretical and methodological, that allow them to read and interpret the variety of (political, social and religious) conflicts arising in contemporary societies, to give voice to migrants’ reasons, or to highlight the gender hierarchy? Maybe the main feature of the anthropological approach is still its subversive power to destabilize any form of common sense, any established viewpoint, as well as to unmask - as both ideological and instrumental - many of the stereotypes and prejudicial ideas by means of which most of our opinions of “good” citizens are formed. Rhetorical devices and inconsistent arguments that are frequently used, with advertising cunning, in most of today’s political discourse turn out to be, when analyzed by the lens of anthropological criticism, just ways of constructing social conflict, social fear and social exclusion. On the contrary, the anthropologist may offer important conceptual and methodological tools to all those who hold the social responsibility to identify, understand and solve, in a constructive way, the most urgent problems of present times.

If anthropology, as we firmly believe, is not just a specialist body of knowledge for the initiated, but should present itself as a qualified view of contemporary world, it must be able to expand the imagery of the society in which it acts and to which it addresses. The seminar will host some experienced anthropologists of international renown, who will offer their reflections and propose their answers to the questions raised.


Gli ospiti

Ulf Hannerz è Professore emerito di Antropologia sociale nell’Università di Stoccolma. Si è dedicato in modo particolare all’antropologia urbana, all’antropologia dei media, all’antropologia della globalizzazione. Ha svolto ricerche sul campo negli Stati Uniti, in Africa Occidentale e nei Caraibi, e ha lavorato sul tema dei corrispondenti esteri di stampa e televisione attraverso indagini multilocali condotte tra Gerusalemme, Johannesburg, Tokyo e altri significativi luoghi della nostra contemporaneità. Tra i suoi numerosi lavori: Soulside (1969); Exploring the City (1980, trad. it. Esplorare la città, Il Mulino 1992); Cultural Complexity (1992, trad. it. La complessità culturale, Il Mulino 1998); Transnational Connections (1996, trad. it. La diversità culturale, Il Mulino 2001); Foreign News (2004); Anthropology’s World (2010).

Ulf Hannerz is Professor Emeritus of Social Anthropology at Stockholm University. He has devoted himself particularly to urban anthropology, media anthropology and the anthropology of globalization. His field studies have been in the United States, West Africa and the Caribbean, and he has also worked multilocally in Jerusalem, Johannesburg, Tokyo and elsewhere in a study of newsmedia foreign correspondents. He has taught at several universities in Europe, the United States, Asia and Australia. He is the author or editor of a great amount of books. Among them: Soulside (1969; Exploring the City (1980); Cultural Complexity (1992); Transnational Connections (1996); Foreign News (2004); Anthropology’s World (2010). His work has been published, in original or translation, in 14 languages.

Mondher Kilani è professore di Antropologia Culturale e Sociale nell’Università di Losanna. Ha svolto attività di ricerca in Papua Nuova Guinea, nelle Alpi Svizzere, nelle Oasi del Sud della Tunisia e in Africa occidentale fra gli Hausa e i Peul della Nigeria. I suoi principali ambiti di interesse riguardano la storia e l’epistemologia e dell’antropologia, il cannibalismo e la ‘ragione’ sacrificale, la violenza e l’immigrazione. Tra i suoi lavori più recenti: L’imbroglio ethnique en quatorze mots clé (2000, trad. it. L’imbroglio etnico, Dedalo 2001); L’universalisme américain et les banlieues de l’humanité (2002); Guerre et sacrifice. La violence extrême (2006, trad. it. Guerra e sacrificio, Dedalo 2008); Anthropologie. Du local au global, 2009.

Mondher Kilani is Professor of Cultural and Social Anthropology at the University of Lausanne, Switzerland. He conducted research in Papua New Guinea, in the Swiss Alps, in The Oases of South Tunisia, and in West Africa among the Hausas and the Peuls of Niger. His theoretical interests are about history and epistemology of anthropology, cannibalism and sacrificial reason, violence and immigration. Among his recent books: L’imbroglio ethnique en quatorze mots clé (2000); L’universalisme américain et les banlieues de l’humanité (2002); Guerre et sacrifice. La violence extrême (2006); Anthropologie. Du local au global, 2009.

Helena Wulff insegna Antropologia sociale nell’Università di Stoccolma. Attualmente si occupa, da una prospettiva transnazionale, delle forme di espressività culturale, con particolare attenzione alla danza. L’approccio transnazionale alla danza - e ai modi in cui in essa si esprime la memoria culturale - pone importanti questioni legate sia alla cultura visuale in generale sia alle emozioni, alla località e alla mobilità. Fra le sue più recenti pubblicazioni: Dancing at the Crossroads: Memory and Mobility in Ireland (2007); The Emotions: A Cultural Reader (2007).

Helena Wulff is Professor of Social Anthropology at Stockholm University. Her’s current research focuses on expressive cultural forms in a transnational perspective. Studies on the transnational world of dance and social memory through dance have generated questions in relation to place, mobility and emotions, as well as to visual culture. Among Helena Wulff’s recent publications are the monograph Dancing at the Crossroads: Memory and Mobility in Ireland (2007) and The Emotions: A Cultural Reader (2007).

Kevin Dwyer ha insegnato Antropologia culturale nell’Università Americana del Cairo (2001-2008) e nella Columbia University, New York. Ha condotto ricerche in Marocco, Tunisia ed Egitto. Si è occupato a lungo di cinema maghrebino, con particolare attenzione al Marocco; è autore di Beyond Casablanca: M.A.Tazi and the adventure of Moroccan cinema (2004). Fra i suoi lavori: Moroccan Dialogues: anthropology in question (1982) e Arab Voices: the human rights debate in the Middle East (1991).

Kevin Dwyer has been Professor of Anthropology at the American University in Cairo from 2001 to 2008, and Adjunct Professor of Anthropology at Columbia University, New York. He has carried out research in Morocco, Tunisia, and Egypt. He has written widely on the cinemas of the Maghreb, particularly Morocco, and he is author of Beyond Casablanca: M.A.Tazi and the adventure of Moroccan cinema (2004). Among his writings: Moroccan Dialogues: anthropology in question (1982) and Arab Voices: the human rights debate in the Middle East (1991).