Lo chiameremo Mohamed. Proviene da uno dei paesi del Nordafrica ed è in Italia dal 1987. Al suo arrivo, poco più che un ragazzo, senza neppure tanti sforzi trovò casa, lavoro, donne. Oggi è Cittadino Italiano, con la sua pelle color caffellatte, la nostalgia per la sua terra e il suo bagaglio di vita tra qui e altrove.
E’ Musulmano, Mohamed, ed è convinto che il Dio Misericordioso, il Più Grande al quale, immancabilmente, nel giorno di Venerdì rivolge lodi e preghiere non ha nulla a che vedere con i bombaroli col turbante, che alimentano odio e seminano discordia, lutti, dolore e morte.
Vive a Milano, separato da una moglie italiana ed è padre di due figli adolescenti. Ha una impresa tutta sua che gli dà soddisfazione e decoro, ma rischia di fallire.
Chiedetegli cosa pensa del fiume di Mohamed o di Tatiane che arrivano dal sud o dall’ est del mondo. Scoprirete che soffre il disagio di chi è respinto, anche solo da una occhiata distratta; scoprirete che non ama trascorrere, come prima, parte del suo tempo libero con gente del suo paese; scoprirete che si vergogna delle condizioni di vita e dei comportamenti criminali di chi, come lui, è arrivato con una valigia piena di stracci e sogni; scoprirete che non riesce più ad essere un sostegno per i suoi ragazzi e che a dargli la possibilità di andare avanti sono proprio loro, la sua determinazione e un innato ottimismo; scoprirete che ha maturato una avversione viscerale per quei barconi (della disperazione più che della speranza), che ogni giorno vomitano sulle nostre spiagge centinaia e centinaia di facce stravolte e impaurite.
Non immaginereste neanche quali pensieri lo incendiano nelle animate discussioni su permessi di soggiorno e fogli di via.
Sono tanti i Mohamed che, come il nostro, ritengono inadeguate le misure governative per fronteggiare questa immigrazione inarrestabile e drammatica.
E noi? Gli italiani? Discutiamo, organizziamo convegni, finanziamo associazioni. Quante chiacchiere su integrazione, tolleranza (che brutta parola!), solidarietà, pietà: un mix di buoni sentimenti che galleggia nell’umore nero del sospetto e della diffidenza.
Non c’è un concreto progetto politico, ma solo bagarre di parte, che sottolinea l’insensata strada intrapresa da larga parte della classe politica, impegnata molto spesso (questa è l’impressione che se ne riceve) a sottolineare la propria appartenenza a destra o a sinistra, a recitare, a turno, ogni sera la giaculatoria su questo o quell’argomento, a palleggiare con nuove o vecchie responsabilità, ad insultarsi dai diversi, e non sempre indipendenti, palcoscenici mediatici.
Un deprimente gioco delle parti che ci vede spettatori impotenti.
Ma la gente comune può ritenersi estranea al disordine sociale in cui stiamo scivolando pericolosamente? Tirarsi fuori dalla mischia non è gioco facile. Noi, gli Italiani, in particolare quelli che inveiscono, giudicano, condannano o, persino, tentano il linciaggio per i tanti reati commessi da cittadini stranieri, possiamo veramente dirci liberi da responsabilità? Il nostro è il Paese dove la corruzione è diffusa quasi capillarmente, il nostro è lo Stato dove si sfornano leggi e regolamenti che hanno spesso l’obiettivo di essere aggirate e dove chi delinque ha quasi la certezza dell’impunità ; la nostra è la Patria dove chi fa il proprio dovere finisce, in qualche occasione, con il sentirsi un perfetto cretino. Se l’esempio dei padroni di casa viene rappresentato, largamente, da disonestà e mancanza di senso civico, perché gli ospiti dovrebbero agire altrimenti?
E’ Musulmano, Mohamed, ed è convinto che il Dio Misericordioso, il Più Grande al quale, immancabilmente, nel giorno di Venerdì rivolge lodi e preghiere non ha nulla a che vedere con i bombaroli col turbante, che alimentano odio e seminano discordia, lutti, dolore e morte.
Vive a Milano, separato da una moglie italiana ed è padre di due figli adolescenti. Ha una impresa tutta sua che gli dà soddisfazione e decoro, ma rischia di fallire.
Chiedetegli cosa pensa del fiume di Mohamed o di Tatiane che arrivano dal sud o dall’ est del mondo. Scoprirete che soffre il disagio di chi è respinto, anche solo da una occhiata distratta; scoprirete che non ama trascorrere, come prima, parte del suo tempo libero con gente del suo paese; scoprirete che si vergogna delle condizioni di vita e dei comportamenti criminali di chi, come lui, è arrivato con una valigia piena di stracci e sogni; scoprirete che non riesce più ad essere un sostegno per i suoi ragazzi e che a dargli la possibilità di andare avanti sono proprio loro, la sua determinazione e un innato ottimismo; scoprirete che ha maturato una avversione viscerale per quei barconi (della disperazione più che della speranza), che ogni giorno vomitano sulle nostre spiagge centinaia e centinaia di facce stravolte e impaurite.
Non immaginereste neanche quali pensieri lo incendiano nelle animate discussioni su permessi di soggiorno e fogli di via.
Sono tanti i Mohamed che, come il nostro, ritengono inadeguate le misure governative per fronteggiare questa immigrazione inarrestabile e drammatica.
E noi? Gli italiani? Discutiamo, organizziamo convegni, finanziamo associazioni. Quante chiacchiere su integrazione, tolleranza (che brutta parola!), solidarietà, pietà: un mix di buoni sentimenti che galleggia nell’umore nero del sospetto e della diffidenza.
Non c’è un concreto progetto politico, ma solo bagarre di parte, che sottolinea l’insensata strada intrapresa da larga parte della classe politica, impegnata molto spesso (questa è l’impressione che se ne riceve) a sottolineare la propria appartenenza a destra o a sinistra, a recitare, a turno, ogni sera la giaculatoria su questo o quell’argomento, a palleggiare con nuove o vecchie responsabilità, ad insultarsi dai diversi, e non sempre indipendenti, palcoscenici mediatici.
Un deprimente gioco delle parti che ci vede spettatori impotenti.
Ma la gente comune può ritenersi estranea al disordine sociale in cui stiamo scivolando pericolosamente? Tirarsi fuori dalla mischia non è gioco facile. Noi, gli Italiani, in particolare quelli che inveiscono, giudicano, condannano o, persino, tentano il linciaggio per i tanti reati commessi da cittadini stranieri, possiamo veramente dirci liberi da responsabilità? Il nostro è il Paese dove la corruzione è diffusa quasi capillarmente, il nostro è lo Stato dove si sfornano leggi e regolamenti che hanno spesso l’obiettivo di essere aggirate e dove chi delinque ha quasi la certezza dell’impunità ; la nostra è la Patria dove chi fa il proprio dovere finisce, in qualche occasione, con il sentirsi un perfetto cretino. Se l’esempio dei padroni di casa viene rappresentato, largamente, da disonestà e mancanza di senso civico, perché gli ospiti dovrebbero agire altrimenti?
Maddalena Di Santo
Fonte: Siciliainformazioni