Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

martedì 29 novembre 2011

Adama verso la libertà?

Per la libertà di Adama, contro la legge Bossi-Fini

Adama è una donna migrante: come donna ha subito violenza dal suo ex-compagno, come migrante è stata ricattata per anni e poi rinchiusa nel CIE di Bologna quando ha coraggiosamente deciso di denunciarlo. Adama non è nuova al coraggio perché come donna migrante ha lasciato il suo paese e vissuto in Italia da clandestina, fino a che la legge Bossi-Fini non le ha rubato la sua libertà. Come rete Primo Marzo ci uniamo all'appello partito da Migranda, una realtà di donne italiane e migranti nata a Bologna proprio durante la mobilitazione verso lo sciopero del primo marzo 2011, per la liberazione immediata di Adama. 
Ci impegniamo a continuare questa lotta fino alla liberazione di Adama e fino a che nessun migrante sia più rinchiuso in un centro di detenzione perché privo di documenti. Nel pretendere la liberazione di Adama non dimentichiamo infatti che se lei è oggi prigioniera in un CIE è per colpa della legge italiana, prima Turco-Napolitano, oggi Bossi-Fini, che hanno istituito i CIE e criminalizzato chi si ritrova senza un permesso di soggiorno. Chi oggi si stupisce di questa situazione è bene che apra gli occhi e abbia il coraggio di trarne le dovute conseguenze. Per questo nel chiedere la sua liberazione ci impegniamo a continuare la lotta per l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la chiusura di tutti i CIE e la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro che rende ricattabili tutti i migranti, nelle case, nelle famiglie, sul posto di lavoro. Questa situazione danneggia anche chi non è migrante rendendo ogni diritto più debole e ogni lavoro più precario. Questa lotta andrà condotta insieme ai migranti in tutta Italia e in tutta Europa, perché sappiamo che i centri di detenzione e il legame tra permesso e lavoro sono parte dalle politiche europee contro i migranti. Per questo rivolgiamo un appello anche a tutte le reti europee, a partire da quelle che hanno costruito le mobilitazioni per il primo marzo, per iniziare da qui a costruire una nuova Europa.

Per sottoscrivere l'appello


VERSIONE FRANCESE
Pour la liberté de Adama, contre la loi Bossi-Fini
Adama, une femme migrante. En tant que femme elle a subi la violence de son ex-compagnon, en tant que migrante elle a été sous chantage pendant plusieurs années et au moment  où elle a eu le courage de dénoncer les violences subies, elle a été renfermée dans le centre de rétention (CIE) de Bologne. Ce n'est pas le premier geste courageux de Adama, qui a quitté son Pays et vécu clandestinement en Italie jusqu'au moment où la loi Bossi-Fini ne lui a pas volé la liberté.
Le réseau Primo-Marzo s'associe à l'appel de l'association Migranda, une réalité formée de femmes italiennes et migrantes, qui a vu le jour lors de la mobilisation du premier mars 2011 et demande la libération immédiate de Adama.
Nous nous engageons à poursuivre la lutte jusqu'à la libération de Adama et jusqu'à ce que aucun migrant ne soit plus renfermé dans un centre de rétention parce qu'il n'a pas de documents.
En exigeant la libération de Adama, n'oublions pas pour autant que, si elle est emprisonnée dans un CIE ( centre de rétention) , c'est bien à cause de la législation italienne, la loi Turco-Napolitano d'abord et  la loi Bossi-Fini ensuite, qui ont institué les CIE, criminalisant ainsi ceux et celles qui se retrouvent sans un permis de séjour.
Ceux et celles qui s'étonnent de cette situation, qu'ils ouvrent les yeux et qu'ils aient le courage d'en tirer les conséquences nécessaires.
De ce fait, en demandant la libération de Adama, nous nous engageons à continuer le combat pour l'abrogation de la loi Bossi-Fini, la fermeture de tous les CIE et la dissociation du permis de séjour au contrat de travail, ce qui soumet les migrants au chantage, dans leurs maisons, en famille et sur les lieux de travail.
Cette situation est nuisible aussi pour tout citoyen italien puisqu'elle rend plus faibles tout droit et précaire tout travail. Cette lutte doit être portée tous ensemble, avec les migrants, en Italie et en Europe toute entière, parce que nous savons que les centres de rétention et le lien entre permis de séjour et travail sont partie intégrante des politiques européennes contre les migrants.
C'est pourquoi nous adressons un appel à tous les réseaux européens, partant de ceux qui se sont mobilisés pour la journée du premier mars, pour recommencer à partir d'ici, la construction d'une nouvelle Europe.

Pour souscrire l'appel


Adama verso la libertà?

In soli tre giorni 800 donne, uomini e associazioni hanno risposto al nostro appello per la liberazione di Adama. Anche grazie alla coincidenza con la giornata mondiale contro la violenza sulla donne, lo scandalo costante della detenzione amministrativa di una donna migrante è esploso improvvisamente sulle prime pagine dei giornali e nei servizi televisivi.

La storia di Adama e delle molte violenze da lei subite, il sostegno che ha ricevuto sono stati tali da produrre l’interesse di quelle istituzioni che nei mesi precedenti avevano colpevolmente ignorato la sua situazione. Colpisce che ci sia ancora chi vede qualcosa di poco chiaro nella storia di Adama. Viene così confermata la consueta pratica di addossare alle donne l’onere di dimostrare di aver subito violenza sia essa privata o istituzionale. Ciò nonostante, grazie al suo coraggio e alla mobilitazione collettiva oggi possiamo realmente sperare che Adama ritrovi una libertà che le consenta di riprendere in mano la propria vita, lontano da ogni violenza.

Nulla però è ancora deciso. Per questo è importante che le adesioni all’appello per la sua liberazione continuino ad arrivare numerose. Non si tratta soltanto di un supporto per lei e per la sua effettiva liberazione. Si tratta anche di riconoscere che la storia di Adama è la storia di molte altre, per le quali la violenza è l’altro nome della loro condizione di donne. La storia di Adama, donna e migrante, non è una storia eccezionale, ma la norma imposta a troppe donne migranti che, a causa della legge Bossi-Fini e dei Centri di identificazione e di espulsione, si trovano impossibilitate a denunciare qualsiasi violenza.

Nel pubblicare l’ultimo aggiornamento delle adesioni all’appello per Adama, vogliamo condividere anche la sua sorpresa per la solidarietà ricevuta, una nota di speranza che ha colorato la sua voce per la prima volta in tre mesi. Ci ha detto Adama: “Grazie, non pensavo nemmeno che fosse possibile”.

Per leggere le adesioni aggiornate clicca qui

Fonte: migranda.org