Palermo, 4 ottobre 2013
In un pomeriggio afoso di ottobre in via Cavour, a Palermo, davanti alla Prefettura, sta arrivando un gruppo di persone che protesta e racconta cosa c'è dietro le tragedie dei migranti. Un naufragio, ieri, l'ennesimo, a poche miglia dalla costa di Lampedusa, causato da un incendio appiccato per cercare aiuto. Il fuoco è devastante a causa della nafta sparsa in coperta. Muoiono 111 persone, molte sono disperse e 155 sono sopravvissute, di cui solo 6 donne. La maggior parte di loro sono state vittime di violenza durante il viaggio, stuprate e rinchiuse sotto coperta.
Il gruppo di manifestanti si concentra nel marciapiede di fronte la Prefettura, attraversiamo la strada e una giovane donna prende la parola, urla le sue ragioni sul naufragio di Lampedusa con un piccolissimo megafono, due occhi azzurri penetranti e una voce cristallina e convincente, è Alessandra Sciurba, precaria all'università di Palermo, ricercatrice in Filosofia del Diritto e attivista in un centro sociale, il Laboratorio Zeta. Lei li vede ogni giorno i migranti, fanno parte della sua vita, sono anche tra i suoi amici. Accusa con competenza i governi che fanno leggi sulle migrazioni che sono la diretta causa di queste tragedie.
© Francesca Romano, 2013 |
Incontro un altra donna che insegna l'italiano agli stranieri all'Università di Palermo. Si chiama Tindara Ignazzitto e ha la forza di accogliere in sé le istanze di molti, mi parla del “Coordinamento Anti tratta Favour e Loveth“, intitolato a due migranti uccise a Palermo, vittime della tratta delle schiave. Tindara puntualizza il fatto che i giornali le hanno appellate "prostitute", come se avessero scelto di farlo. Succede molto spesso che queste donne siano costrette a prostituirsi per pagare i debiti del viaggio. E qui si muore anche così, miseria, prostituzione, violenza, schiavitù a Palermo. Cambiamo le parole, quindi, afferma Tindara, sono donne "prostituite", non hanno avuto altra scelta.
Gira con la sua canottiera rossa e lo zaino in spalla Nino Rocca, pensionato, da anni volontario nel "Coordinamento anti tratta" e racconta la storia di Elizabeth e del compagno che scappano dalla Liberia durante la guerra civile del 2005, si aggregano a una carovana di persone che vanno verso l'Italia. Vicino alle coste la barca affonda e molti perdono la vita. Elizabeth è incinta, sopravvive e col suo compagno arriva ad Agrigento, partorisce la sua bambina arrivata a Palermo e poco dopo il compagno la lascia sola. La sua vita prosegue, assistita dai volontari dei centri sociali.
I migranti sono il sangue della nostra terra ormai, “Sangue Nostrum", scritto sul lenzuolo della protesta.
© Francesca Romano, 2013 |
* Francesca Romano è giornalista grafica, si occupa di progettazione grafica e impaginazione e fa parte dello staff creativo di due testate: F e Natural Style.