La Repubblica, 15-02-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Un giorno senza di noi, senza operai, braccianti, infermieri, muratori, imprenditori, colf e badanti. È lo sciopero degli immigrati. Riparte il passaparola su internet: il terzo appuntamento è fissato per il prossimo primo marzo. "Nel 2010 e 2011 - si legge nell'appello del comitato promotore 1 - in decine di città italiane lavoratori migranti e italiani hanno scioperato assieme contro la legge Bossi-Fini. La data del primo marzo è diventata così un punto di riferimento importante e anche quest'anno vogliamo che sia un giorno di mobilitazione".
Gli "scioperi" del 2010 e 2011. Più che di sciopero si dovrebbe parlare di "mobilitazione". Le esperienze dei due anni passati ne sono la riprova: salvo parziali astensioni dal lavoro in alcune fabbriche del Centro-Nord (soprattutto in Emilia-Romagna), lo sciopero, in senso tecnico, degli immigrati non ha funzionato. Perché? Tanti i motivi: primo, i sindacati non hanno voluto, né potuto, indire uno sciopero su base etnica; secondo, i lavoratori stranieri sono facilmente ricattabili dai datori di lavoro (difficile pensare allo sciopero di un bracciante) e lavorano in molti casi in nero; terzo, gli immigrati sono spesso divisi e non un corpo omogeneo capace di muoversi compatto. Ma l'iniziativa (soprattutto nel 2010) non è stata un flop: decine di manifestazioni locali e buona visibilità mediatica della protesta.
E ora il tam tam sulla rete riparte.
Dopo i fatti di Firenze. "La mobilitazione - scrivono i promotori del Primo marzo - questo anno è ancora più importante dopo l'uccisione a Firenze di Samb Modou e Diop Mor. È ora di fare chiarezza e dire che il razzismo non è solo un fenomeno culturale, ma si appoggia su leggi e provvedimenti amministrativi che considerano i migranti come braccia da sfruttare o nemici da combattere. È così nel contratto di soggiorno per lavoro e nella presenza dei Cie. È stato così nella sanatoria truffa del 2009 e nella logica dei flussi. È così per i figli dei migranti che, compiuti 18 anni, devono sottostare alle impossibili regole di un permesso di soggiorno per studio, o diventare subito braccia da sfruttare con un permesso per lavoro".
Le richieste. Diverse le richieste con le quali il primo marzo si scenderà in piazza: "Per l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in Europa; per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia; per dire no al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno; per una regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno".
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Un giorno senza di noi, senza operai, braccianti, infermieri, muratori, imprenditori, colf e badanti. È lo sciopero degli immigrati. Riparte il passaparola su internet: il terzo appuntamento è fissato per il prossimo primo marzo. "Nel 2010 e 2011 - si legge nell'appello del comitato promotore 1 - in decine di città italiane lavoratori migranti e italiani hanno scioperato assieme contro la legge Bossi-Fini. La data del primo marzo è diventata così un punto di riferimento importante e anche quest'anno vogliamo che sia un giorno di mobilitazione".
Gli "scioperi" del 2010 e 2011. Più che di sciopero si dovrebbe parlare di "mobilitazione". Le esperienze dei due anni passati ne sono la riprova: salvo parziali astensioni dal lavoro in alcune fabbriche del Centro-Nord (soprattutto in Emilia-Romagna), lo sciopero, in senso tecnico, degli immigrati non ha funzionato. Perché? Tanti i motivi: primo, i sindacati non hanno voluto, né potuto, indire uno sciopero su base etnica; secondo, i lavoratori stranieri sono facilmente ricattabili dai datori di lavoro (difficile pensare allo sciopero di un bracciante) e lavorano in molti casi in nero; terzo, gli immigrati sono spesso divisi e non un corpo omogeneo capace di muoversi compatto. Ma l'iniziativa (soprattutto nel 2010) non è stata un flop: decine di manifestazioni locali e buona visibilità mediatica della protesta.
E ora il tam tam sulla rete riparte.
Dopo i fatti di Firenze. "La mobilitazione - scrivono i promotori del Primo marzo - questo anno è ancora più importante dopo l'uccisione a Firenze di Samb Modou e Diop Mor. È ora di fare chiarezza e dire che il razzismo non è solo un fenomeno culturale, ma si appoggia su leggi e provvedimenti amministrativi che considerano i migranti come braccia da sfruttare o nemici da combattere. È così nel contratto di soggiorno per lavoro e nella presenza dei Cie. È stato così nella sanatoria truffa del 2009 e nella logica dei flussi. È così per i figli dei migranti che, compiuti 18 anni, devono sottostare alle impossibili regole di un permesso di soggiorno per studio, o diventare subito braccia da sfruttare con un permesso per lavoro".
Le richieste. Diverse le richieste con le quali il primo marzo si scenderà in piazza: "Per l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in Europa; per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia; per dire no al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno; per una regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno".
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1 marzo 2012: Appello per una mobilitazione nazionale contro il razzismo istituzionale e la precarietà
Il primo marzo del 2010 e 2011 in decine di città italiane lavoratori migranti e italiani hanno scioperato assieme contro il razzismo istituzionale della legge Bossi-Fini, mentre in decine di piazze si sono avuti presidi, cortei e iniziative. Lo hanno fatto autonomamente, trovando il supporto di tanti lavoratori e lavoratrici e di tante RSU.
Migliaia di persone hanno manifestato con i migranti, mostrando che anche nella crisi si può lottare insieme per i diritti di tutti. La data del primo marzo è diventata così un punto di riferimento importante: anche quest’anno vogliamo che sia un giorno di mobilitazione e sperimentazione di nuove forme di lotta.
Questo è ancora più importante dopo i pogrom di Rom come quello di Torino e l’uccisione a Firenze di Samb Modou e Diop Mor. Un omicidio razzista che ha visto una grande reazione il 17 dicembre, guidata da migliaia di migranti scesi in strada a Firenze. E’ ora di fare chiarezza e dire che il razzismo non è solo un fenomeno culturale, ma si appoggia su leggi e provvedimenti amministrativi che considerano i migranti come braccia da sfruttare o nemici da combattere.
È così nel contratto di soggiorno per lavoro e nella presenza dei CIE (ex-CPT).
E’ stato così nella sanatoria truffa del 2009 e nella logica dei flussi.
E’ stato così nella creazione dell’emergenza profughi dopo le rivoluzioni in Nord Africa e nel mancato riconoscimento di fatto del diritto d’asilo.
È così per i figli dei migranti che, compiuti 18 anni, devono sottostare alle impossibili regole di un permesso di soggiorno per studio, o diventare subito braccia da sfruttare con un permesso per lavoro.
E’ così nel principio di un permesso di soggiorno “a punti” e nella tassa sul permesso di soggiorno, che vorrebbe scaricare sul salario dei migranti il costo di queste politiche. I migranti pagano le tasse e i costi della crisi come tutti gli altri lavoratori e lavoratrici e la nuova tassa andrà a sommarsi a tutto questo, a quanto già oggi costa rinnovare il permesso e ai 30 euro che si devono inspiegabilmente pagare alle Poste.
Se non si punta a cambiare radicalmente questo stato di cose che produce gerarchie e clandestinità, denunciare il razzismo diventa un gesto ipocrita.
La condizione migrante non è separata da quella di tutti gli altri, ma con la sua specificità mostra tendenze e dinamiche che ci coinvolgono tutti, in particolare sul terreno del lavoro. D’altro canto la condizione dei migranti è diversa da quella di tutti gli altri, perché solo per i migranti la precarietà e la crisi economica possono portare alla detenzione amministrativa e mette a rischio il permesso di soggiorno. Fuori da ogni retorica della solidarietà, quindi, riconosciamo che la clandestinità politica dei migranti e il razzismo istituzionale hanno reso tutti più insicuri. Per questo vogliamo scendere nuovamente in piazza assieme e allargare la mobilitazione contro una precarietà sempre
più diffusa.
Le lotte portate avanti dai migranti in questi anni hanno insegnato che non ci possono essere miglioramenti reali senza il protagonismo diretto. Lo sciopero del primo marzo ha fatto vedere in più che è possibile scioperare al di fuori delle logiche tradizionali, che la lotta sui posti di lavoro può unire là dove le leggi e la precarietà dividono.
Nella crisi economica e di fronte a leggi che producono razzismo e divisioni, vogliamo rilanciare un movimento che porti a cambiare questo stato di cose. Per questo lanciamo una mobilitazione diffusa su tutto il territorio, con iniziative articolate in base alle diverse possibilità e capacità, che non si esaurisca nella data del primo marzo, nello spirito della Carta dei Migranti approvata a Gorée (Senegal) e sulla base di alcuni principi condivisi:
· Per l’abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i CIE in Italia e in Europa;
· Per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia;
· No al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno;
· Per una regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno, senza truffe e senza produrre altre gerarchie, per il riconoscimento di fatto del diritto d’asilo senza ritardi, lungaggini e discrezionalità;
· Contro la precarietà, e per un welfare non basato sullo sfruttamento e l’esclusione di alcuni;
· Per costruire insieme uno sciopero di tipo nuovo ancora più grande, capace di unire e cambiare questo stato di cose.
Per adesioni: primomarzo2010comitati@gmail.com
Migliaia di persone hanno manifestato con i migranti, mostrando che anche nella crisi si può lottare insieme per i diritti di tutti. La data del primo marzo è diventata così un punto di riferimento importante: anche quest’anno vogliamo che sia un giorno di mobilitazione e sperimentazione di nuove forme di lotta.
Questo è ancora più importante dopo i pogrom di Rom come quello di Torino e l’uccisione a Firenze di Samb Modou e Diop Mor. Un omicidio razzista che ha visto una grande reazione il 17 dicembre, guidata da migliaia di migranti scesi in strada a Firenze. E’ ora di fare chiarezza e dire che il razzismo non è solo un fenomeno culturale, ma si appoggia su leggi e provvedimenti amministrativi che considerano i migranti come braccia da sfruttare o nemici da combattere.
È così nel contratto di soggiorno per lavoro e nella presenza dei CIE (ex-CPT).
E’ stato così nella sanatoria truffa del 2009 e nella logica dei flussi.
E’ stato così nella creazione dell’emergenza profughi dopo le rivoluzioni in Nord Africa e nel mancato riconoscimento di fatto del diritto d’asilo.
È così per i figli dei migranti che, compiuti 18 anni, devono sottostare alle impossibili regole di un permesso di soggiorno per studio, o diventare subito braccia da sfruttare con un permesso per lavoro.
E’ così nel principio di un permesso di soggiorno “a punti” e nella tassa sul permesso di soggiorno, che vorrebbe scaricare sul salario dei migranti il costo di queste politiche. I migranti pagano le tasse e i costi della crisi come tutti gli altri lavoratori e lavoratrici e la nuova tassa andrà a sommarsi a tutto questo, a quanto già oggi costa rinnovare il permesso e ai 30 euro che si devono inspiegabilmente pagare alle Poste.
Se non si punta a cambiare radicalmente questo stato di cose che produce gerarchie e clandestinità, denunciare il razzismo diventa un gesto ipocrita.
La condizione migrante non è separata da quella di tutti gli altri, ma con la sua specificità mostra tendenze e dinamiche che ci coinvolgono tutti, in particolare sul terreno del lavoro. D’altro canto la condizione dei migranti è diversa da quella di tutti gli altri, perché solo per i migranti la precarietà e la crisi economica possono portare alla detenzione amministrativa e mette a rischio il permesso di soggiorno. Fuori da ogni retorica della solidarietà, quindi, riconosciamo che la clandestinità politica dei migranti e il razzismo istituzionale hanno reso tutti più insicuri. Per questo vogliamo scendere nuovamente in piazza assieme e allargare la mobilitazione contro una precarietà sempre
più diffusa.
Le lotte portate avanti dai migranti in questi anni hanno insegnato che non ci possono essere miglioramenti reali senza il protagonismo diretto. Lo sciopero del primo marzo ha fatto vedere in più che è possibile scioperare al di fuori delle logiche tradizionali, che la lotta sui posti di lavoro può unire là dove le leggi e la precarietà dividono.
Nella crisi economica e di fronte a leggi che producono razzismo e divisioni, vogliamo rilanciare un movimento che porti a cambiare questo stato di cose. Per questo lanciamo una mobilitazione diffusa su tutto il territorio, con iniziative articolate in base alle diverse possibilità e capacità, che non si esaurisca nella data del primo marzo, nello spirito della Carta dei Migranti approvata a Gorée (Senegal) e sulla base di alcuni principi condivisi:
· Per l’abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i CIE in Italia e in Europa;
· Per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia;
· No al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno;
· Per una regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno, senza truffe e senza produrre altre gerarchie, per il riconoscimento di fatto del diritto d’asilo senza ritardi, lungaggini e discrezionalità;
· Contro la precarietà, e per un welfare non basato sullo sfruttamento e l’esclusione di alcuni;
· Per costruire insieme uno sciopero di tipo nuovo ancora più grande, capace di unire e cambiare questo stato di cose.
Per adesioni: primomarzo2010comitati@gmail.com