NOTE SINTETICHE SULLA SITUAZIONE GIURIDICA DEL CITTADINO STRANIERO IN ITALIA
IMMIGRAZIONE IRREGOLARE
La legge base che regola la condizione giuridica dello straniero extracomunitario è il Testo Unico, n. 286/98, ampiamente modificato dalla L. 189/2002 meglio nota come "legge Bossi Fini". All'art. 2 il Testo Unico riconosce anche agli stranieri irregolari i diritti fondamentali della persona umana. In particolare i minori stranieri entrati irregolarmente non sono espellibili o respingibili e le autorità di polizia devono informare al più presto della loro presenza i competenti Tribunali per i minori. Anche le donne in stato di gravidanza e quelle che hanno partorito da meno di sei mesi non sono espellibili ed hanno diritto ad un permesso di soggiorno. Tutele particolari sono previste per le persone vittime di tortura e per i malati.
Gli ingressi per lavoro per i cd. “migranti economici” sono regolati dal sistema delle quote: la legge prevede che ogni anno si stabilisca per decreto il numero di stranieri non comunitari che possono entrare per lavoro subordinato, stagionale e autonomo. Tale sistema si basa esclusivamente sul principio della chiamata a distanza, con il datore di lavoro sul territorio italiano mentre il lavoratore straniero deve restare nel proprio paese di origine: attraverso una complessa procedura, se la domanda del datore di lavoro viene accolta, è rilasciata una autorizzazione all'ingresso, inviata poi al consolato italiano del paese di origine ove il cittadino straniero otterrà il visto di ingresso per lavoro, sulla base della relativa autorizzazione. Molto spesso però i decreti flussi annuali servono per regolarizzare persone già presenti in Italia, i cui datori di lavoro fanno richiesta di ingresso come se si trovassero ancora nel paese di origine.
In assenza di visto d'ingresso, qualora non venga presentata una istanza di asilo, di protezione internazionale o di protezione umanitaria ex art.5.6 del T.U. sull'immigrazione, può scattare l'ipotesi di reato relativa all'immigrazione clandestina dello straniero extracomunitario nel territorio dello Stato, punito con la contravvenzione da 5.000 a 10.000 euro, ed espulsione dello straniero da parte del giudice. Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione o del respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 2, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. Il giudizio sul reato di immigrazione clandestina è sospeso durante la procedura per il riconoscimento dello status di asilo. In caso di espulsione scatta un divieto di reingresso per 10 anni. La disciplina delle espulsioni appare in molti punti in contrasto con la direttiva rimpatri 2008/115/CE, ma, anche se i magistrati stanno disapplicando la normativa interna in favore delle norme previste dalla direttiva, la polizia continua ad applicare le norme interne. Essenziale dunque l'intervento di un avvocato di fiducia in ogni caso nel quale sia possibile effettuare la nomina.
Qualora, a seguito di una espulsione o di un respingimento differito, che è immediatamente esecutivo con accompagnamento alla frontiera, non ne sia possibile l'esecuzione, il soggetto da espellere viene rinchiuso nei c.d. CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), previa convalida da parte dell'autorità giudiziaria, per un periodo massimo di giorni 180. In questa fase l'immigrato ha diritto ad un difensore, anche d'ufficio e può comunicare con l'esterno.
L'Italia non ha risolto la questione della legittimità della detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo immediatamente dopo l'arrivo. Come sottolineato dal Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite (Wgad), che ha visitato l'Italia nel novembre 2008, durante il primo periodo di permanenza nei centri dopo l'arrivo in Italia, i richiedenti asilo sono sottoposti a una detenzione de facto, priva di basi legali certe e di controllo giudiziario. Qualunque altra forma di detenzione amministrativa che si realizza al di fuori dei CIE, che devono essere quelli previsti da un apposito decreto del ministro dell'interno, al di fuori delle 96 ore, e delle esigenze di prima identificazione, si può ritenere illegittima. Appare quindi priva di fondamento normativo il trattenimento nelle tendopoli/CIE, recentemente istituite dal ministero dell'interno con i provvedimenti che dichiarano l'ennesimo “stato di emergenza”, con una evidente limitazione della libertà personale dei migranti che vi vengono internati.
I provvedimenti di espulsione o di respingimento vanno adottati rispettivamente dal Prefetto e dal Questore del luogo nel quale è avvenuto l'ingresso irregolare. Il trasferimento di migranti privi di provvedimenti di espulsione o di respingimento differito da una parte all'altra del territorio nazionale non appare conforme a legge ed alla previsione dell'art. 13 della Costituzione. Secondo questa norma in caso di arresto da parte della polizia, entro 48 ore deve essere informata l'autorità giudiziaria, che nelle successive 48 ore deve convalidare l'arresto. Per arresto, secondo la Corte Costituzionale, si intende qualunque limitazione della libertà personale.
Se l'espulsione non viene eseguita, il soggetto riceve un ordine di lasciare il territorio entro il termine di 5 giorni : se non ottempera « senza giustificato motivo » a tale ordine, commette un reato punito da 1 a 4 anni di reclusione, con arresto obbligatorio e giudizio direttissimo. Recentemente la Corte Costituzionale ha ribadito che se si prova il “giustificato motivo” consistente nella mancanza di mezzi o di documenti, il reato non ricorre
DIRITTO DI ASILO
Chiunque voglia fare richiesta di asilo, o altra forma di protezione internazionale ha diritto di inoltrare la relativa istanza compilando il modulo C3 senza che la polizia possa impedire la formalizzazione della volontà della persona e senza che la domanda possa essere dichiarata manifestamente infondata. Tutte le domande di protezione internazionale devono essere trasmesse alla competente Commissione territoriale nel più breve termine.
Nonostante la Direttiva europea 2005/85/CE riguardante le procedure per la protezione internazionale, inserita nel diritto italiano con il Decreto legislativo n.25 del gennaio 2008, escludesse la detenzione amministrativa dei richiedenti asilo, con successivo decreto legislativo, n, 159 del 2008 è stata ripristinata la misura del trattenimento obbligatorio nei CIE di tutti i richiedenti asilo già destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento differito ex art. 10 comma 2 del T.U. sull'immigrazione, con un forte ampliamento della discrezionalità dell'autorità di pubblica sicurezza circa le modalità di accesso alla procedura di asilo.
L'aspetto più grave riguarda le modalità di tutela giurisdizionale contro le decisioni di rigetto della domande di asilo, tramite la soppressione dell'efficacia sospensiva del ricorso giurisdizionale, con grave violazione del nucleo essenziale del diritto di asilo e del diritto di difesa garantiti dalla Costituzione italiana, nonché in contrasto insanabile con il principio di effettività del ricorso di cui all'art. 13 della Convenzione Europea per i Diritti dell'Uomo.
COME COMPORTARSI IN CASO DI FERMO DA PARTE DELL'AUTORITA' DI POLIZIA
Gli ufficiali-agenti di polizia (polizia di stato, carabinieri e altri corpi appartenenti all’esercito, polizia municipale - ma questi ultimi solo se hanno la qualifica di agente di polizia di sicurezza- ) possono costringere chiunque a seguirli nei propri uffici se rifiuti dichiarare le tue generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita) o mostrare un documento d’identità oppure quando ci sono indizi sufficienti per ritenere che il nome dato o i documenti siano falsi (art. 11, d.l. 21.3.1978 n. 59): questo viene chiamato fermo di identificazione o accompagnamento.
Gli ufficiali-agenti di polizia che accompagnano in questura per identificare devono darne immediata notizia al Procuratore della Repubblica e possono trattenere per il tempo necessario alla tua identificazione1 e comunque entro le 24 ore ti devono rilasciare. Non è previsto in questo caso il diritto alla nomina di un difensore, ma si possono informare comunque le associazioni o conoscenti.
E' perciò importante e - hai diritto di pretendere - che la comunicazione al Procuratore della Repubblica venga effettuata subito al momento dell'accompagnamento, perchè solo da questo momento si contano le 24 ore entro cui devono rilasciarti.
Se rifiuti di dire le tue generalità/esibire i documenti, oltre all'accompagnamento in questura di cui abbiamo parlato, puoi essere denunciato per i seguenti reati:
- se sei cittadino extracomunitario e non fai vedere i documenti (passaporto-permesso), senza un valido motivo, ad agenti-ufficiali di polizia quando te lo chiedono puoi essere denunciato e rischi la pena dell’arresto fino a 6 mesi; se c’è motivo di dubitare della tua identità, puoi essere accompagnato in questura per rilievi segnaletici (fino a un max di 24 ore).
- se invece fornisci false generalità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, il reato è punito con pene maggiori (che sono stata aggravate col c.d. pacchetto sicurezza - d.l. 23.5.2008, n. 92): se dichiari (a voce o per iscritto) false generalità e rischi il carcere fino a un massimo di sei anni (artt. 495 e 496 c.p.); la stessa pena è prevista se alteri il tuo corpo per impedire la tua identificazione - es. alterazioni delle impronte digitali (art. 495-ter c.p.).
Si possono fare perquisizioni personali e nei locali senza mandato del giudice, nei seguenti casi:
1) quando si sta commettendo un reato o una evasione (fuga) o quando si deve eseguire un’ordinanza di custodia cautelare o un ordine di carcerazione o un fermo (art. 352 c.p.p.); 2) la polizia giudiziaria (polizia di stato, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale) può perquisire le persone, i locali, le macchine, i bagagli e gli effetti personali per prevenire o reprimere il traffico di droga (art. 103 dpr n. 309/1990) o se ha fondato motivo di credere che ci sono armi, munizioni o esplosivi, qualcuno cercato dalla polizia che si nasconde, un evaso in relazione a determinati delitti di associazione mafiosa, traffico di droga o delitti con finalità di terrorismo (art. 41 tulps e art. 25 d.l.8.6.1992, n. 306).
Anche in questi casi ti devono lasciare sempre una copia del verbale di perquisizione, anche se non viene sequestrato nulla, dove si indicano le operazioni fatte, il motivo per cui hanno fatto la perquisizione senza l’autorizzazione del giudice, i nomi e la qualifica degli agenti che hanno fatto la perquisizione. Se sequestrano oggetti, documenti, devono essere specificamente indicati nel verbale di perquisizione. Se non sei in grado di leggere, hai diritto ad un interprete e comunque fai sempre scrivere che non parli l’italiano.
TUTELA LEGALE
L'uso illegittimo/arbitrario della forza e/o dell'autorità da parte delle forze dell'ordine puo' essere sempre denunciato all'autorità giudiziaria penale.
In caso di percosse, trattenimenti e perquisizioni illegali, atti di razzismo da parte delle forze dell'ordine e controllori dei mezzi di trasporto, puo' essere presentata una denuncia/querela alla Procura della Repubblica del luogo dove si è verificato il reato.
Per i reati che vengono perseguiti solo se la vittima fa denuncia (per es. percosse, lesioni lievi, ingiuria, minaccia ecc.), la denuncia-querela deve essere presentata nei tre mesi successivi al reato. La denuncia-querela può essere presentata dalla vittima personalmente; è comunque consigliabile l'assistenza di un legale o il supporto di associazioni che offrono assistenza legale, anche per contrastare le eventuali controdenunce.
Contro qualsiasi atto (anche di carattere normativo, come leggi statali, regionali, regolamenti comunali, ordinanze del sindaco, ecc.) e/o comportamento che abbia l'effetto di creare un trattamento differenziato in ragione dell'origine nazionale, etnica, razziale o religiosa può essere proposta l’azione civile contro le discriminazioni etnico-razziali.
Quando il giudice accerta che è in atto una discriminazione, puo' condannare a risarcire i danni, anche di natura esistenziale, subiti dalla vittima della discriminazione.
E' possibile in questi casi rivolgersi ad associazioni che operano nella lotta alla discriminazioni razziali: queste possono infatti avviare questo tipo di processo, sia a supporto di vittime di discriminazioni sia contro le discriminazioni collettive.
Fulvio Vassallo Paleologo