Il rilascio collettivo - annunciato nei giorni scorsi dalle autorità della Jamahiriya e dal direttore dell'ufficio di tripoli dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) Laurence Hart - è il risultato anche delle pressioni di organizzazioni internazionali come Human Rights Watch e Amnesty International, di alcuni organi di stampa nazionali e della campagna messa in atto da vari gruppi della società civile.
Poco prima di essere liberati, i reclusi di Braq sono stati ascoltati dai membri della commissione d'inchiesta voluta dal leader libico Muammar Gheddafi. A loro hanno ripetuto che non vogliono restare nel paese arabo e che non sono immigrati irregolari ma richiedenti asilo, e che come tali vogliono ottenere lo status di rifugiati in un paese terzo che abbia firmato la Convenzione di Ginevra.
L'Italia - che ha respinto in mare 103 dei 205 reclusi di Braq, oltre a centinaia di altri potenziali richiedenti asilo - ha espresso la disponibilità ad accettare il resettlement di alcuni di loro. Vedremo nelle prossime settimane se questa disponibilità sarà seguita da fatti concreti, vista anche la responsabilità diretta del governo italiano nella situazione di stallo in cui si trovano oggi centinaia di eritrei in Libia.
Fonte: comeunuomosullaterra.blogspot.com