TRATTA
Il 17 gennaio il Coordinamento antitratta Favour e Loveth si riunisce davanti alla sede de La repubblica, per chiedere il rispetto della carta di Palermo. ''Sono vittime di tratta costrette a prostituirsi e non prostitute''
PALERMO - Il 17 gennaio il Coordinamento antitratta Favour e
Loveth si riunisce davanti alla sede del quotidiano La Repubblica per chiedere
che i giornalisti rispettino la “Carta di Palermo”. Sotto accusa l’utilizzo del
termine “prostituta” riferito alla donna che è costretta e schiavizzata dalla
criminalità organizzata a prostituirsi e quindi vittima della tratta. Durante
il sit-in il coordinamento consegnerà una lettera sulla Carta di Palermo al
caporedattore del quotidiano nazionale, documento già consegnato all’Ordine dei
giornalisti in occasione della giornata europea: invita la stampa a affrontare
il tema della tratta in maniera corretta e appropriata, a partire dalla
terminologia. A questa iniziativa ne seguirà una analoga presso il Giornale di
Sicilia.
“Si continua a ignorare purtroppo che esiste una organizzazione criminale vera
e propria con un fatturato di parecchi milioni di euro che si arricchisce
schiavizzando e sfruttando il corpo di ragazze giovanissime – dice Nino Rocca
del Coordinamento Favour e Loveth -. Costantemente rileviamo che molti
giornalisti quando devono affrontare il tema parlando di queste donne
utilizzano erroneamente il termine ‘prostituta’ che è molto diverso da
‘prostituita’ o ‘schiava del sesso’. L’organizzazione criminale che schiavizza
queste giovani donne potrà combattersi solo con un cambiamento culturale che
deve partire anche dall’uso corretto della terminologia”.
“Accendiamo i riflettori sulle nuove mafie che si sono radicate nei nostri
territori - scrive il coordinamento antitratta -. A Palermo soltanto, si
calcola che la mafia nigeriana ha un profitto annuo di 10 milioni di euro. In
Italia, con 6000 mila ragazze per strada, arriva a 300 milioni di euro. È per
questo che oggi, in nome della Carta di Roma, ci appelliamo al senso di
responsabilità dei mass-media perché si adoperino con impegno a modificare nella
coscienza collettiva la percezione di un fenomeno fin troppo ignorato e la cui
realtà è stata contrabbandata per un problema di ordine morale e di decoro
pubblico fraintendendolo con la mera, sia pur complessa, realtà della
prostituzione. Per ben concretizzare le nostre proposte abbiamo risposto anche
noi con la Carta di Palermo in merito alla lotta alla tratta e al ripristino
della dignità di una popolazione da anni marchiata con il vile pregiudizio
della prostituzione”.
“Quanto alla Carta di Palermo, noi chiediamo tre cose – scrive il Coordinamento
antitratta palermitano -: che i mass-media si impegnino a fare per un anno una
campagna anti-tratta attraverso spot, messaggi e ogni altro mezzo, attraverso
la carta stampata e le televisioni; che nel palinsesto delle TV, a cominciare
da RAI3 Regione, ma anche nelle altre TV locali, si preveda un programma
settimanale in cui si mostrino le identità culturali dei vari popoli
attraverso le loro manifestazioni di canti, danze e racconti, che si attivino
pagine e resoconti delle culture presenti nella nostra città, in modo
particolare quelle culture che rischiano di essere contaminate da falsi e
negativi stereotipi; Vorremmo che si aprisse un dialogo proficuo tra la
società civile organizzata, costituita anche di stranieri, per costruire
un percorso di democrazia partecipativa in cui gli stessi soggetti interessati
possano esprimere, anche attraverso i mass-media, le loro opinioni e le loro
critiche ad una cultura dominante che appiattisce e rende impossibile l’affermarsi
di modalità di espressione e partecipazione alla vita democratica della città –
prosegue ancora -. A questo proposito vorremmo che si stabilissero incontri,
dibattiti e confronti tra le diverse culture, l’ordine dei giornalisti e le
altre organizzazioni giornalistiche, al fine di contribuire allo sviluppo di
una cultura dell’ascolto attivo e imparare ad ascoltarci e a capirci meglio,
superando insieme pregiudizi e stereotipi di genere, etnici, religiosi, ecc.
che finiscono per alzare una barriera invalicabile tra culture differenti. (set)