Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

mercoledì 9 gennaio 2013

Prostituite e non prostitute": Coordinamento antitratta Palermo. Sit-in per sensibilizzare i media


TRATTA

Il 17 gennaio il Coordinamento antitratta Favour e Loveth si riunisce davanti alla sede de La repubblica, per chiedere il rispetto della carta di Palermo. ''Sono vittime di tratta costrette a prostituirsi e non prostitute''

PALERMO - Il 17 gennaio il Coordinamento antitratta Favour e Loveth si riunisce davanti alla sede del quotidiano La Repubblica per chiedere che i giornalisti rispettino la “Carta di Palermo”. Sotto accusa l’utilizzo del termine “prostituta” riferito alla donna che è costretta e schiavizzata dalla criminalità organizzata a prostituirsi e quindi vittima della tratta. Durante il sit-in il coordinamento consegnerà una lettera sulla Carta di Palermo al caporedattore del quotidiano nazionale, documento già consegnato all’Ordine dei giornalisti in occasione della giornata europea: invita la stampa a affrontare il tema della tratta in maniera corretta e appropriata, a partire dalla terminologia. A questa iniziativa ne seguirà una analoga presso il Giornale di Sicilia.

“Si continua a ignorare purtroppo che esiste una organizzazione criminale vera e propria con un fatturato di parecchi milioni di euro che si arricchisce schiavizzando e sfruttando il corpo di ragazze giovanissime – dice Nino Rocca del Coordinamento Favour e Loveth -. Costantemente rileviamo che molti giornalisti quando devono affrontare il tema parlando di queste donne utilizzano erroneamente il termine ‘prostituta’ che è molto diverso da ‘prostituita’ o ‘schiava del sesso’. L’organizzazione criminale che schiavizza queste giovani donne potrà combattersi solo con un cambiamento culturale che deve partire anche dall’uso corretto della terminologia”.

“Accendiamo i riflettori sulle nuove mafie che si sono radicate nei nostri territori - scrive il coordinamento antitratta -. A Palermo soltanto, si calcola che la mafia nigeriana ha un profitto annuo di 10 milioni di euro. In Italia, con 6000 mila ragazze per strada, arriva a 300 milioni di euro. È per questo che oggi, in nome della  Carta di Roma, ci appelliamo al senso di responsabilità dei mass-media perché si adoperino con impegno a modificare nella coscienza collettiva la percezione di un fenomeno fin troppo ignorato e la cui realtà è stata contrabbandata per un problema di ordine morale e di decoro pubblico fraintendendolo con la mera, sia pur complessa, realtà della prostituzione. Per ben concretizzare le nostre proposte abbiamo risposto anche noi con la Carta di Palermo in merito alla lotta alla tratta e al ripristino della dignità di una popolazione da anni marchiata con il vile pregiudizio della prostituzione”.

“Quanto alla Carta di Palermo, noi chiediamo tre cose – scrive il Coordinamento antitratta palermitano -: che i mass-media si impegnino a fare per un anno una campagna anti-tratta attraverso spot, messaggi e ogni altro mezzo, attraverso la carta stampata e le televisioni; che nel palinsesto delle TV, a cominciare da RAI3 Regione, ma anche nelle altre TV locali, si preveda un programma settimanale in cui si mostrino le identità  culturali dei vari popoli attraverso le loro manifestazioni di canti, danze e racconti, che si attivino pagine e resoconti delle culture presenti nella nostra città, in modo particolare quelle culture che rischiano di essere contaminate da falsi e negativi stereotipi; Vorremmo che si aprisse un dialogo proficuo tra la società  civile organizzata, costituita anche di stranieri, per costruire un percorso di democrazia partecipativa in cui gli stessi soggetti interessati possano esprimere, anche attraverso i mass-media, le loro opinioni e le loro critiche ad una cultura dominante che appiattisce e rende impossibile l’affermarsi di modalità di espressione e partecipazione alla vita democratica della città – prosegue ancora -. A questo proposito vorremmo che si stabilissero incontri, dibattiti e confronti tra le diverse culture, l’ordine dei giornalisti e le altre organizzazioni giornalistiche, al fine di contribuire allo sviluppo di una cultura dell’ascolto attivo e imparare ad ascoltarci e a capirci meglio, superando insieme pregiudizi e stereotipi di genere, etnici, religiosi, ecc. che finiscono per alzare una barriera invalicabile tra culture differenti. (set)