Teatro in Viaggio. Lungo la rotta dei migranti
⋅
Teatro in Viaggio. Lungo la rotta dei migranti, di e con Pietro Floridia
Domenica 3 giugno 2012 alle 18.45, all’interno del Festival IT.A.Cà, a Palazzo D’Accursio, Bologna
Penso a Said,
all’attimo in cui
ci siamo incrociati.
Io diretto verso sud.
Lui verso nord.
Penso al suo viaggiare.
Un viaggiare che nasce
dentro la necessità.
Un atto di necessità.
Dovere partire. Senza
averne nessuna voglia.
Penso al mio viaggiare, che è invece fuga dalla necessità.
Atto di libertà. Volere partire. Cercare di sottrarsi a un dovere essere.
Al configurarsi sempre in relazione ad uno scopo.
[...]
Il primo viaggio somiglia al viaggio degli antichi.
Il secondo è figlio della modernità.
Il primo cerca un poter controllare la propria vita.
Il secondo cerca di sfuggire ad un eccessivo controllo.
Il primo è un viaggio dal passato al futuro.
Il secondo dal futuro al passato.
Si incrociano per un attimo in una casa di Casablanca.
Si mescolano. Antico e moderno, ma pure passato e futuro
non sono successivi, ma s’infiltrano l’uno nell’altro,
la sorgente alla ricerca della foce, la foce alla ricerca della sorgente.
La scrittura di Pietro Floridia, regista, drammaturgo a attore, uno dei fondatori del Teatro dell’Argine, è quella di un passeur de culture,
non è solo quella di un semplice viaggiatore esperto nell’arte di
incontrare, attraverso il teatro e le sue pratiche, attraverso l’ascolto
delle storie di vita nei villaggi, nelle città più o meno a oriente o a
sud di questo centro traballante che è l’Europa occidentale. Sfogliando
le pagine di questa diario di bordo prendono vita i corpi, le voci, le
storie minime e quelle gravide di Storia, come quella della Palestina,
di attori marocchini, bambini che dormono per strada, padri che giocano
con i loro figli e ci insegnano a giocare con e come i bambini, povertà e
coraggio parte di una tragedia passaggio di paradiso in vita,
sicuramente a repentaglio, in costante ricreazione e reinvenzione degli
strumenti per conservare e prodigare la cultura e le pratiche di vita,
di resistenza, di sopravvivenza in molti casi, e del fare teatro, che
non sono rappresentazioni ma salgono dai fondi della terra per farsi
molte volte canto. E sguardo. Perché lungo la via di queste narrazioni
scritte, quasi nella loro totalità, in forma di versi, lo sguardo e la
potenzialità di questo guardare che da spettatore diventa nomade e
attivo, diviene strumento per ri-guardarsi, per riflettere e ripensarci
come esseri sociali, esseri politici all’interno di un mondo che fa
appello quotidianamente alla necessità di riformulare una sintassi
dell’incontro, alla ricerca di significati duraturi. Qual’è la posizione
che assumiamo quando guardiamo l’altro, quando ascoltiamo parole dure,
storie amare e talvolta inconcepibili se non sentite di persona, se non
percepite sulla pelle e accolte con tutti i sensi?. Dalle parole
raccolte e trasmesse nei racconti di questo viaggio di due mesi fra il
Marocco, il Senegal, la Palestina (non manca il racconto arrivato dal
Nicaragua), emerge chiaramente una parola: dignità, come senso profondo,
la dignità della vita nuda, l’esperienza dei singoli acquista un valore
universale e allo stesso tempo ci parla della possibilità di liberarsi
dagli orpelli in cui a volte sembra impigliata la vita vissuta come una
corsa sulla superficie, una rincorsa sbiadita e turbata da falsi idoli e
ossessivi sensi di vuoto, confusionari e identitari.
Questa
è anche la storia di un teatro che tenta di spostare i parametri
divisori fra lo spettatore e l’azione della scena, fra lo spettatore e
il campo d’azione in cui ci potrebbe impegnare, che prova a cambiare
prospettive e cornici dove la visione non sia separata dall’esperienza
come momento dell’esperire che trasferisce e trasforma, come momento di
scelta, anche etica, nel fare artistico, nella creazione di nuovi mondi
guardando negli occhi, e con immediatezza, il mondo complesso e ardito
che già ci è intorno.
Storie
di migrazione vissute e raccontate a partire dall’altra sponda, molte
volte meta di ritorno: madri che guardano in dvd i loro figli lontani
mentre combattono kick boxing in Europa, presi dalla vita senza
documenti in continente, oasi per sogni work in progress, altri deserti da attraversare, storie di passeur,
questa volta non di cultura, ma strozzini in cambio di traguardi pagati
a caro prezzo, cerimonie e riti di passaggio che narrano di uomini e
donne appesi ad un filo oppure alla ferrea convinzione che altri
orizzonti esistono.
I ragazzi del caffè Hafa vengono qui per fare il pieno di Spagna.
Ci si riempiono gli occhi. Mentre fumano hashish.
Mentre bevono tè alla menta.
Mentre ascoltano alla radiolina una chitarra che canta in spagnolo.
Se mi chiedessero cos’è il caffè Hafa, forse direi
è l’attesa fattasi luogo.
Se l’attesa è sospensione, questo è il luogo dell’attesa.
Uno
sguardo fragile, permeabile, capace di commuoversi e anche di
ironizzare sui propri passi, incrociando la propria biografia con quella
del mondo là fuori, in grado di farsi rapire dagli incantatori di
serpenti e di raccogliere e riconsegnare lo sguardo del testimone.
E
poi anche se mi riguardasse è così difficile prendere posizione, così
difficile orientarsi in questo mondo. In Palestina no, in Palestina è
più facile schierarsi. In Palestina hanno l’occupazione. Recitano,
discutono, ma quando escono dal teatro lo sanno (o almeno lo sapevano
durante i miei primi viaggi, ora non so) a chi tirare le pietre. Ma qui
non si capisce niente. [...]
La
Palestina è un luogo pericoloso. Le persone rischiano ovunque. In
questo senso non c’è un dentro e un fuori. Si è sempre dentro. Non c’è
un luogo al sicuro in cui guardare da fuori il pericolo. In cui essere
soltanto spettatori. In cui instaurare un regime di separazione con
quello che si vede.
La
presentazione teatrale tratta dal libro che vedrà in scena l’autore,
avrà luogo Domenica 03 giugno alle 18.45 a Bologna, al cortile del Pozzo
presso Palazzo D’Accursio in occasione di IT.A.Cà, Festival del turismo
responsabile
Teatro in Viaggio. Lungo la rotta dei migranti. Pietro Floridia. Casa Editrice Nuova S1, Bologna, 2011
Sito del Festival: http://www.festivalitaca.net/
Fonte: ALMA Blog