Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

martedì 5 giugno 2007

Tratta: permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, le associazioni plaudono alla circolare di Amato



L'Art. 18? ''Utilizzato a macchia di leopardo''. L'iniziativa del ministro dell’Interno mira a introdurre un'omogenea applicazione, da parte delle questure, su tutto il territorio nazionale


ROMA - "Nonostante l’estrema efficacia di questo strumento, che tra il 2000 e il 2006 ha consentito l’accesso al programma di assistenza a 11.226 persone vittime di tratta attraverso i progetti realizzati da enti no profit ed enti pubblici coordinati dal Dipartimento per i Diritti e le Pari opportunità e da una apposita Commissione interministeriale, l’articolo 18 è stato sotto utilizzato, soprattutto in maniera disomogenea, a macchia di leopardo”. Per questo l'Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), l'associazione On the Road, le Acli, il Cnca, Save the Children Italia e il Gruppo Abele hanno accolto con apprezzamento la circolare recentemente firmata dal ministro Amato relativa al permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, ma si augurano sia solo il primo passo per rendere sempre più sinergica e incisiva l’azione di tutela delle vittime della tratta. La circolare è infatti intervenuta per introdurre un'omogenea applicazione, da parte delle questure, dell’art. 18 (Dlgs. 286/1998) che prevede il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno alle persone vittime di violenza e grave sfruttamento e la loro partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

"Le questure - spiega l'Asgi - in questi anni non hanno interpretato e applicato in maniera univoca la norma e soprattutto hanno mostrato una grande resistenza a concedere il permesso di soggiorno quando la vittima non era in condizione di denunciare il proprio sfruttatore. Proprio qui invece risiede uno dei punti di forza dell’art. 18: prevede, in maniera esplicita, che anche la persona che non sia in condizione di collaborare, ma che comunque sia stata vittima di violenza e grave sfruttamento, abbia diritto al permesso di soggiorno e al programma di assistenza". Accade molto spesso, ad esempio, che le vittime temano ritorsioni dirette o verso i familiari da parte dell’organizzazione criminale. "Il fatto di non costringerle alla denuncia dei propri sfruttatori - aggiunge l'Asgi – porta le vittime a fidarsi e ad affidarsi, superando la diffidenza verso gli altri e riconquistando la fiducia in se stesse. In questo modo non solo vengono tutelati i loro diritti, ma le forze dell’ordine possono utilizzare, per le indagini, le informazioni che le vittime forniscono tramite le associazioni. Nelle questure in cui l’applicazione dell’art. 18 ha funzionato appieno, ha dato eccellenti risultati sia nella protezione delle vittime che nel contrasto alla criminalità".

Quello italiano, infatti, è ritenuto a livello europeo e internazionale il più avanzato sistema di tutela delle vittime della tratta degli esseri umani e delle nuove forme di schiavitù (ha ispirato recenti disposizioni a livello comunitario e la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla tratta del 2005). L'articolo 18, sottolinea ancora l'Agi, non è infatti uno strumento premiale, come nel caso dei pentiti: le persone vittime di tratta sono vittime e non complici della criminalità che le sfrutta; "condizionare la tutela e il permesso di soggiorno alla loro collaborazione – precisa - è non solo illegittimo ma anche inefficace, semplicemente perché le vittime che hanno troppo paura per se stesse o per la propria famiglia comunque (soprattutto all’inizio) non sarebbero disponibili a denunciare". Non solo: secondo l'Asgi occorre che vengano snellite le procedure per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, che si risolvano le problematiche legate ai provvedimenti di espulsione e che vengano date rapidamente indicazioni sull’iscrizione anagrafica ai Comuni delle persone vittime di tratta appartenenti all’Unione Europea. E, ancora superare i pregiudizi che portano non solo la cittadinanza, ma anche gli operatori delle forze dell’ordine, a vedere “la prostituta”, “l’immigrato clandestino” e non la vittima. "Nonostante il grande lavoro fatto in Italia in questi anni – conclude l’Asgi - solo una minima parte delle vittime di tratta riesce a sottrarsi al circuito dello sfruttamento. Per questo è cruciale che operatori sociali del no profit e del pubblico, forze dell’ordine e magistratura lavorino insieme, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, allo scopo comune della tutela effettiva delle vittime". (en)

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