9 agosto 2009
Fatima Aitcardi, 27 anni, si è buttata nel Brembo. Per il fratello si sarebbe uccisa perché «terrorizzata» dalle norme sulla sicurezza.
Si è buttata nel fiume, poche ore prima di diventare una clandestina punibile con l'espulsione. Un peso troppo grande per Fatima Aitcardi, 27enne marocchina che giovedì sera si è suicidata gettandosi nelle acque del Brembo a Ponte San Pietro, vicino Bergamo. A identificarne il corpo ieri è stato il fratello di 23 anni, Mohamed, che in mattinata era andato dai carabinieri per denunciare la scomparsa della ragazza.
Fatima era uscita di casa attorno alle 14 di giovedì, e non aveva più dato sue notizie. Voleva farla finita, oppressa dal suo dramma di clandestina. «Era depressa perché non riusciva a diventare u'immigrata regolare» ha raccontato il fratello, aggiungendo: «Fatima era terrorizzata dalla nuova legge».
Ovvero dal testo sulla sicurezza, che da oggi introduce il reato di clandestinità, punibile con l'espulsione. Fatima non voleva lasciare l'Italia, dove era arrivata cinque anni fa, e il fratello, immigrato regolare. Ma non era mai riuscita a ottenere il permesso di soggiorno, nonostante diversi tentativi.
La residenza era un sogno proibito per la ragazza, sconosciuta alle autorità e ai registri anagrafici. Una donna fragile, che aveva pochi contatti al di fuori della famiglia. L'unica amica che aveva era una conoscente della madre, con cui si vedeva sporadicamente. Fatima era triste, e preoccupata. Una vittima perfetta della depressione, in cui era caduta ultimamente. Un'ombra nera, pesante come un macigno per la ragazza. Che giovedì sera ha scelto di togliersi la vita, per scappare lontano da quella data che temeva come la fine di tutte le sue speranze. Così giovedì ha lasciato i familiari, forse già decisa a farla finita. E poco dopo si è buttata nel Brembo, come se volesse attuare una muta e disperata protesta. La polizia l'ha riportata a riva alle 21, dopo che una donna aveva visto riaffiorare il suo corpo proprio sotto il ponte del centro storico, in paese.
La morte di Fatima ha riacceso le polemiche sul reato di clandestinità. Una norma duramente contestata da Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari Sociali della Camera, che afferma: «Il suicidio di Fatima è un atto sconvolgente, che mostra in modo drammatico quale sia la realtà della vita per molti immigrati. Un gesto che deve far riflettere tutti sulla necessità di avere, in materia di immigrazione, regole più eque ed efficaci che non generino paura, sempre foriera di solitudine e insicurezza. Per adesso la politica della destra su questi temi è stata inefficace, perché ha generato paura e non ha combattuto la clandestinità».
Fonte: Il secolo XIX
Fatima Aitcardi, 27 anni, si è buttata nel Brembo. Per il fratello si sarebbe uccisa perché «terrorizzata» dalle norme sulla sicurezza.
Si è buttata nel fiume, poche ore prima di diventare una clandestina punibile con l'espulsione. Un peso troppo grande per Fatima Aitcardi, 27enne marocchina che giovedì sera si è suicidata gettandosi nelle acque del Brembo a Ponte San Pietro, vicino Bergamo. A identificarne il corpo ieri è stato il fratello di 23 anni, Mohamed, che in mattinata era andato dai carabinieri per denunciare la scomparsa della ragazza.
Fatima era uscita di casa attorno alle 14 di giovedì, e non aveva più dato sue notizie. Voleva farla finita, oppressa dal suo dramma di clandestina. «Era depressa perché non riusciva a diventare u'immigrata regolare» ha raccontato il fratello, aggiungendo: «Fatima era terrorizzata dalla nuova legge».
Ovvero dal testo sulla sicurezza, che da oggi introduce il reato di clandestinità, punibile con l'espulsione. Fatima non voleva lasciare l'Italia, dove era arrivata cinque anni fa, e il fratello, immigrato regolare. Ma non era mai riuscita a ottenere il permesso di soggiorno, nonostante diversi tentativi.
La residenza era un sogno proibito per la ragazza, sconosciuta alle autorità e ai registri anagrafici. Una donna fragile, che aveva pochi contatti al di fuori della famiglia. L'unica amica che aveva era una conoscente della madre, con cui si vedeva sporadicamente. Fatima era triste, e preoccupata. Una vittima perfetta della depressione, in cui era caduta ultimamente. Un'ombra nera, pesante come un macigno per la ragazza. Che giovedì sera ha scelto di togliersi la vita, per scappare lontano da quella data che temeva come la fine di tutte le sue speranze. Così giovedì ha lasciato i familiari, forse già decisa a farla finita. E poco dopo si è buttata nel Brembo, come se volesse attuare una muta e disperata protesta. La polizia l'ha riportata a riva alle 21, dopo che una donna aveva visto riaffiorare il suo corpo proprio sotto il ponte del centro storico, in paese.
La morte di Fatima ha riacceso le polemiche sul reato di clandestinità. Una norma duramente contestata da Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari Sociali della Camera, che afferma: «Il suicidio di Fatima è un atto sconvolgente, che mostra in modo drammatico quale sia la realtà della vita per molti immigrati. Un gesto che deve far riflettere tutti sulla necessità di avere, in materia di immigrazione, regole più eque ed efficaci che non generino paura, sempre foriera di solitudine e insicurezza. Per adesso la politica della destra su questi temi è stata inefficace, perché ha generato paura e non ha combattuto la clandestinità».
Fonte: Il secolo XIX