28 LUGLIO
2011 - COMUNICATO DELLA SEZIONE
SICILIANA DELL'ASGI
Gli
avvocati della sezione siciliana dell'ASGI riuniti il 28 luglio rilevano
innanzitutto i gravi impedimenti all'effettivo esercizio del diritto di difesa
derivanti dalle prassi amministrative adottate nei confronti dei migranti, in
particolare dei potenziali richiedenti asilo e dei minori non accompagnati
sbarcati in questi mesi a Lampedusa e nel resto della Sicilia. Ad esempio nei
centri di prima accoglienza di Pozzallo e Porto Empedocle è stato impedito per
giorni l'ingresso di chiunque non appartenesse alle forze di polizia e persino
l'ACNUR è stato tenuto alla porta senza potere svolgere il lavoro di assistenza
che svolgeva negli anni passati sulla base della Convenzione con il Ministero
dell'interno denominata Praesidium.
Si
deve denunciare poi il lungo periodo di trattenimento informale adottato
nell'isola di Lampedusa, nel Centro di prima accoglienza e soccorso di contrada
Imbriacola, ed anche nei centri di Pozzallo, Rosolini, Porto Empedocle, nella
caserma Barone a Pantelleria, in assenza di un qualsiasi provvedimento e della
conseguente convalida del magistrato.
Eclatante la violazione reiterata dell'art. 13 della Costituzione e del
Regolamento Frontiere Schengen 562 del 2006. Al riguardo si deve segnalare un
recente provvedimento del giudice di pace di Agrigento che ha fotografato
questa grave situazione, in violazione agli standard costituzionali e
comunitari, ed ha annullato un provvedimento di respingimento differito emesso
dal Questore di Agrigento. In molti
altri casi invece, i giudici di pace si limitano a ratificare quanto richiesto
dalle Questure, anche in assenza del soggetto destinatario della convalida. Gli
enti gestori delle strutture di detenzione, come nel nuovo CIE di Milo a
Trapani, non garantiscono nemmeno la mediazione linguistico-culturale, che
sarebbe obbligatoria in base allo schema tipo di Convenzione da stipulare con
il Ministero dell'interno, e gli avvocati sono obbligati a comunicare con i
loro assistiti con i propri strumenti linguistici, mentre gli interpreti degli
enti gestori stanno a passeggiare. Una violazione inaudita dei diritti di
difesa.
Nei
frequenti casi di “accoglienza” per ragioni di primo soccorso ( i CPSA sono a
Pozzallo ed a Lampedusa) che si trasforma subito in detenzione amministrativa
senza convalida da parte del magistrato, si possono verificare casi di
trattenimento di minori in promiscuità con adulti, e sembra generalizzata la
prassi di non formalizzare immediatamente la domanda di protezione
internazionale, ma di “attendere” l'emissione del provvedimento di
respingimento prima della effettiva
compilazione del modello C 3, con la conseguenza che la maggior parte dei
richiedenti asilo rischia di essere inviata nei CIE e non invece nei CARA o in
altri centri di accoglienza. Negli anni passati invece era l'ACNUR che aveva
accesso immediato dopo gli sbarchi e preparava in tempi molto rapidi la
documentazione necessaria per la formalizzazione del modello C 3.
Nel
caso dei minori i ritardi e le omissioni riguardano anche la comunicazione al
Giudice tutelare ed al Tribunale dei minori, con la conseguenza che anche
minori seguiti da avvocati vengono trasferiti nelle cd. “strutture ponte” senza
avere presentato la richiesta di asilo e senza che sia conosciuta agli stessi
avvocati la loro effettiva destinazione, con un rischio altissimo di
dispersione, di fughe o di negazione del diritto fondamentale di chiedere
protezione internazionale. Rimane da monitorare attentamente sul territorio
siciliano e altrove l'ubicazione, lo stato e le modalità di gestione delle
numerose strutte d'accoglienza, talvolta denominate “strutture ponte” nelle
quali vengono trasferiti i minori da Lampedusa. In molti casi l'ubicazione dei
centri di seconda accoglienza o delle strutture ponte, è tenuta quasi segreta
dalle forze di polizia, che non comunicano agli avvocati la destinazione dei
minori che vengono trasferiti ( o deportati?), con il rischio di spezzare il
legame tra il minore che ha nominato un avvocato e gli stessi avvocati
nominati.
Con
riferimento agli adulti che hanno fatto richiesta di asilo si osserva come nei
confronti di alcune nazionalità ( ad esempio tunisini o nigeriani, ma anche
bengalesi e camerunensi) ricorrano dinieghi generalizzati senza che sia assicurata
una cognizione individuale, senza considerare le violenze subite in Libia e la
fuga da un paese in guerra nel quale sono stati depredati di tutti i loro
averi. Malgrado le audizioni siano apparentemente su base individuale, le
formule di rigetto appaiono preformulate e spesso manca una fedele
interpretazione delle dichiarazioni del richiedente.
Nei
confronti degli Egiziani che sbarcano nella Sicilia sud-orientale si rileva
come vengano periodicamente posti in essere dei veri e propri respingimenti collettivi,
in collaborazione con il consolato egiziano, in forza dell'accordo di
riammissione stipulato dall'Italia con l'Egitto, un accordo che però non
dovrebbe comportare la sistematica violazione degli obblighi di protezione
internazionale.
Non
risulta che nessuna delle organizzazioni operanti per Praesidium in Sicilia
abbiano modo di contattare i migranti egiziani prima del loro accompagnamento
in frontiera, non si ha notizia dell'arrivo di minori non accompagnati
dall'Egitto, eppure qualcuno dovrebbe pure essere arrivato, come da tutti i
paesi del nord africa, né risultano domande di protezione internazionale, anche
perchè il console egiziano è presente in aeroporto al momento delle
identificazioni e questo vieta alle persone di esprimere una qualsiasi volontà
di chiedere asilo. Ancora più grave appare la circostanza che, in violazione
del decreto 25 del 2008 e della normativa comunitaria in materia di protezione
internazionale, ed adesso di rimpatri ( direttiva 2008/115/CE), manca in questi
casi qualsiasi convalida giurisdizionale e qualunque ipotesi di effettivo
esercizio dei diritti di difesa. Le questure interessate di Siracusa e di
Catania si stanno rendendo responsabili di prassi e provvedimenti in contrasto
con la Direttiva 2008/115/CE, con l'art. 13 della Costituzione e con il codice
delle frontiere Schengen n.562 del 2006. Un regolamento comunitario che è
direttamente vincolante per tutte le autorità pubbliche in Italia.
Per
quanto riguarda sia gli adulti che i minori non accompagnati rimane assai
problematica la fase di raccolta delle procure, e si registra una forte
polemica tra le varie associazioni che hanno diritto ad entrare nel centro di
prima accoglienza e soccorso di contrada Imbriacola, in quanto le associazioni
che fanno capo al progetto Praesidium, in convenzione con il ministero
dell'interno, sono contrarie alla presentazione di domande di asilo da parte
dei MNA presenti a Lampedusa, e sostengono di non occuparsi di quei minori che
la polizia ritiene essere invece maggiori di età. In qualche caso si sono però
rilevati documenti di identità pervenuti
dalla Tunisia in contrasto con quanto asserito dall'ufficio immigrazione della
Questura di Agrigento dislocato nell'isola. Di fatto è abbandonata la circolare
Amato che nel 2007 introduceva il beneficio del dubbio, in quanto l'esame medio
per l'accertamento dell'età presenta notoriamente un elevato tasso di
incertezza. Addirittura le identificazioni proseguono anche nelle cd. strutture
ponte e si fa tutto il possibile per fare arrivare i minori al compimento della
maggiore età senza dotarli dei documenti di soggiorno e delle tutele alle quali
avrebbero diritto subito dopo l'ingresso nel territorio nazionale. Nessuna
delle associazioni di Praesidium presenti a Lampedusa ha denunciato i gravi abusi
commessi a Lampedusa ai danni dei minori, violazioni che hanno avuto un
riscontro oggettivo in diverse testimonianze raccolte dagli operatori
indipendenti e nei segni fisici sui corpi dei minori che gli stessi operatori
hanno potuto rilevare. Del resto lo stesso si può osservare rispetto a pestaggi
frequenti della polizia in altre strutture, persino nel mega CARA/CPA di Mineo.
Si è
anche appreso che la polizia ha trasmesso agli uffici giudiziari di Agrigento
oltre 40.000 notizie di reato, anche relativamente a persone che ormai hanno un
permesso di soggiorno o si sono rese irreperibili, con la conseguenza che se
non si arriverà ad una archiviazione, il Tribunale di Agrigento rischia di
essere bloccato da questa impertrofica attività cartacea delle forze di polizia
tra Lampedusa ed Agrigento, con costi incalcolabili, diverse decine di milioni
di euro, per le casse dell'erario. Mentre invece appare sempre più difficile,
ovunque, il ricorso al patrocinio a spese dello stato, che dovrebbe coprire anche la spesa degli
interpreti, perchè in diverse strutture siciliane, come nel nuovo CIE di Milo,
agli avvocati viene richiesto di utilizzare i propri interpreti, in quanto
l'ente gestore non dispone di un numero adeguato di “mediatori linguistici” che
invece dovrebbero essere forniti proprio dagli stessi enti gestori in base allo
schema tipo di convenzione adottato dal Ministero dell'interno.
La
situazione del Cara di Mineo desta poi preoccupazioni particolari, si richiama
in proposito il documento pubblicato dall'ASGI lo stesso 28 luglio, dopo le
proteste ed i duri interventi delle forze di polizia. Anche i soci ASGI
siciliani ritengono che la struttura del “Villaggio della solidarietà” sia
ingovernabile, che gli appalti non hanno la necessaria trasparenza, e che regna
ancora l'incertezza più totale sugli enti gestori e sulle prospettive dei circa
duemila migranti richiedenti asilo confinati da mesi nel Cara dopo essere stati
trasferiti da altre strutture. In diversi casi quando erano già alla vigilia
dell'audizione da parte della commissione territoriale competente, e dunque
ormai in vista di una definizione della loro istanza di protezione
internazionale. Viene confermato che con gli attuali ritmi di lavoro della
commissione territoriale, che attualmente sarebbe addirittura blocata o quasi,
anche con il ricorso a pratiche di dubbia legittimità come le audizioni in
videoconferenza o le audizioni con un solo membro della Commissione, i tempi
medi per la risposta alle domande di asilo potrebbero superare anche dodici
mesi, con conseguenze imprevedibili anche sul piano dell'ordine pubblico.
Anche
la situazione nel Cara di Salina Grande , a Trapani, mentre era tranquilla fino
a pochi mesi fa, appare oggi sempre più critica, soprattutto per l'elevato
tasso di dinieghi, per la difficoltà di un esercizio effettivo del diritto di
difesa e per la promiscuità delle nazionalità e delle situazioni delle persone
accolte nella struttura. Frequenti le risse ed anche le proteste, anche se meno
gravi rispetto a Mineo a fronte del minore numero di presenze. Ovunque è
elevato il rischio di sfruttamento e di ulteriori violenze ai danni dei
soggetti più vulnerabili come donne e minori non accompagnati. Nei centri di
detenzione Vulpitta e Milo a Trapani, sia pure con caratteristiche opposte
quando alla logistica, si reiterano le prassi di rimpatrio forzato e di
detenzione in contrasto con la direttiva sui rimpatri 2008/115/CE, soprattutto
per quanto concerne la possibilità di esercitare effettivamente i diritti di
difesa nelle procedure di convalida.
Per
quanto rilevato in precedenza sgli avvocati dell'ASGI rivolgono un pressante
appello alle organizzazioni convenzionate con Presidium, e quindi con il
Ministero dell'interno, per una maggiore collaborazione al fine di garantire
l'esercizio effettivo del diritto di difesa, di tutti i migranti, anche
attraverso la comunicazione di recapiti di avvocati ASGI che nelle diverse sedi
e nelle diverse regioni italiane possano intervenire per proseguire le attività
di assistenza legale avviate in Sicilia.
Per
quanto riguarda la situazione in Libia si rileva la necessità di procedere sia
sul piano politico, chiedendo l'adozione di un decreto ex art. 20 del Testo
unico sull'immigrazione, come si è fatto ad aprile con i tunisini, se si
verificherà un afflusso di massa, e sollecitando intanto il rilascio di un
permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art. 5.6 del testo Unico 286 del
1998, per tutti coloro che saranno denegati dalle commissioni territoriali per
il riconoscimento dello status di rifugiato, per quei migranti economici
costretti a fuggire dalla Libia dopo avere abbandonato tutti i propri averi,
frutto di anni di lavoro durissimo. Con la conseguenza che nelle condizioni
attuali non si possono permettere un rientro sicuro in patria, dove hanno
contratto molti debiti e dove potrebbero essere vittime di ritorsioni violente
da parte di agenti non statali.
Occorrerà
pure, nei limiti in cui sarà possibile a fronte dell'alto costo dei ricorsi,
procedere ad impugnare i dinieghi delle richieste di protezione internazionale
nei confronti di coloro che sono fuggiti dalla guerra in Libia, facendo valere
la situazione di persecuzione generalizzata nella quale si sono trovati tutti
coloro che risiedevano per motivi di
lavoro e sono stati assimilati alle bande di mercenari, spesso costretti al
reclutamento forzato,
Gli
avvocati dell'ASGI presenti in Sicilia si impegnano ad intensificare le
attività di monitoraggio e di assistenza legale nei confronti dei migranti a
vario titolo accolti o detenuti in una vasta gamma di strutture, o centri,
variamente denominati, che non sempre rispettano i dovuti standard, sia dal
punto di vista igienico sanitario, che da quello non meno grave dell'assistenza
legale e della mediazione linguistico-culturale.