Programma Educazione alla Pace presentato da Tindara Ignazzitto - Consulta per la Pace di Palermo

Programma di Educazione alla Pace - TPRF

domenica 28 febbraio 2010

28 febbraio, Palermo: Passo a passo, azioni di Teatro-giornale di Teatro dell'oppresso per il Primo Marzo 2010 a Palermo



Noi siamo i piedi che reggono il corpo nel cammino
Noi siamo i piedi dell'umanità.
Appoggiatevi a noi, sopra di noi,
pagheremo i tributi della vostra età di pensione,
spaleremo la neve,
sbatteremo i tappeti,
allisceremo il prato
perché noi siamo i piedi
e conosciamo il suolo del mondo
passo a passo.

Erri De Luca “Lettera dei piedi (a proposito di migranti)”
quotidiano “Liberazione”, 13 ottobre 2004

Passo a passo
24h senza di noi
Azioni di Teatro Giornale
in occasione della Manifestazione "Primo Marzo 2010 - Un giornata senza di noi" - Piazza Castelnuovo, Palermo - 28 febbraio 2010


  
















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1 marzo, Palermo: Seminario di presentazione del corso in Diritto d’asilo e status costituzionale dello straniero

Università degli Studi di Palermo
Facoltà di Giurisprudenza
Con il supporto organizzativo dell’ASGI ( Associazione studi giuridici sull’immigrazion)

Seminario di presentazione del Corso in Diritto d’asilo e status costituzionale dello straniero

Palermo, lunedì primo marzo 2010

Facoltà di Giurisprudenza, Via Maqueda, Aula magna, ore 10

LE NUOVE FRONTIERE INTERNE

DISCIPLINA SULLA CONDIZIONE GIURIDICA DEI MIGRANTI
E SFRUTTAMENTO LAVORATIVO

Introduce e coordina: prof: Fulvio Vassallo Paleologo

Partecipano

Avv. Daniele Papa – (ASGI) Palermo
Avv. Paola Ottaviano – (ASGI) Siracusa
Avv. Giovanni Annaloro – (ASGI) Caltanissetta

Sarà proiettato il video-documentario “La Terra (e)Strema” di Enrico Montalbano, Angela Giardina ed Ilaria Sposito

La raccolta stagionale nei campi della Sicilia si regge quasi interamente sul lavoro dei migranti, braccianti improvvisati che subiscono tutte le contraddizioni di un territorio difficile e di un sistema profondamente in crisi, quello dell’agricoltura. Il film è un viaggio, da Oriente a Occidente, da Maggio a Novembre, che racconta le "campagne" e i suoi protagonisti: il piccolo produttore che diviene bracciante di se stesso, strozzato da un mercato senza regole, ricattato da imposizioni di prezzo che lo costringono ad indebitarsi, ae il bracciante straniero che è costretto a lavorare sottopagato, senza contratto nella stragrande maggioranza dei casi, e senza casa, costretto a ripiegare su di un sistema di accoglienza ambiguo, quando presente, o ad auto-organizzarsi con accampamenti improvvisati in mezzo ai campi.

Nel corso del seminario di potrà sottoscrivere la lettera de/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, "Una giornata senza di noi", consultabile nel sito http://www.altrodiritto.it/

Fonte: Meltingpot.org

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sabato 27 febbraio 2010

Primo Marzo 2010: Lettera da un leghista del Sud

Caro Ministro Maroni, sono un ragazzo di Palermo, una piccola cittadina purtroppo piena di meridionali ed extracomunitari.
Io volevo dirle che la stimo profondamente per le innumerevoli battaglie di legalità che lei ha condotto negli ultimi anni in Italia. Volevo soprattutto riferirle che ho apprezzato molto la sua ultima idea di verificare la conoscenza da parte degli immigrati del testo costituzionale.
Sa (e mi scusi se abbasso il tono, ma non si sa mai), qua si vedono cose strane in questi giorni. Si, gira la voce che si stia per organizzare una grande manifestazione per il 1° marzo. Una manifestazione piena di extracomunitari e tanta altra gente solidale con loro. Dicono di essere un movimento nato dal basso, dalla gente; dicono di non volere etichette, di essere apartitici e stanchi di farsi sfruttare da tutte le bandiere; dicono di essere un movimento eterogeneo, interrazziale; dicono di voler rivendicare i diritti degli stranieri in Italia, di voler sensibilizzare la società civile sull’importanza, sia dal punto di vista economico, che politico, che della crescita interculturale (???), dell’immigrazione; dicono che l’Italia è un paese razzista, e dicono che dire la verità non è anti-italiano, ma anzi un atto di rispetto nei confronti di tutti (e sottolineano questo tutti) gli italiani.
Devo darle un’altra brutta notizia. In realtà ho sentito dire che non si svolgerà solo qui, ma che si tratta di un movimento molto più ampio, nato tramite internet (sa, quel mare di informazioni libere contro cui più volte lei si è eroicamente scagliato) e diffusosi in Italia, Francia, Spagna, Grecia, e pure qua in Sicilia pensi! Qua, però, mi pare un po’ diverso. Il movimento qui si chiama “24 ore con noi, presenti e visibili”. L’idea iniziale di “vediamo come fate senza di noi” si è completamente trasformata in “ehi, guardate che ci siamo, e non abbiamo paura di rivendicare i nostri diritti”. Le mando questa mia proprio perché penso che questi siano molto più pericolosi.
La verità, glielo dico con franchezza (e alzo un po’ il tono, ma quando ci vuole ci vuole), è che a questi non basta più di venire accolti “all’italiana” nella nostra Guantanamo (come lei ha scherzosamente definito Lampedusa), non basta più venire sfruttati per 12 ore al giorno in condizioni disumane, non basta più venire ricattati per un pezzo di pane, non basta più rischiare di essere denunciati da chiunque sappia che esistono, non basta più morire dissanguati per paura dell’ospedale, non basta più, non basta più, non basta più! La verità è che a questi non basta più essere trattati di merda. Ministro, questi vogliono essere deportati! Qui a Palermo questi tizi dello sciopero si stanno infilando dovunque. Nella scuole signor Ministro, fra i ragazzi, dalle materne alle superiori, con le loro strane idee di incontro interculturale, conoscenza reciproca, sensibilizzazione dei giovani, i “nostri” giovani (giusto?). Nelle piazze Maroni (e scusi per la forma, ma voglio essere diretto), nelle “nostre piazze”, le piazze di noi palermitani, le piazze di un centro storico che ci siamo dimenticati. E non si limitano ad occuparle, con tutti i loro dibattiti, gli spettacoli teatrali, le danze, questi ci invitano pure a partecipare!
Ci invitano a riprendere possesso dei luoghi della nostra città, ci invitano al confronto, allo scambio, ad un unanime rifiuto di ogni forma di razzismo. Credono di poter cambiare le cose, che se ci provi qualcosa puoi smuovere; sono pazzi mi dico, ma loro ci credono proprio fermamente, e fanno paura. Questi ci provano sul serio, perché hanno coinvolto un gran numero di associazioni, che vanno dallo Zetalab a Biagio Conte e Centro Astalli! Ha capito, signor Ministro? Centro Astalli! I gesuiti! Anche la Chiesa Cattolica sta con loro, altro che il magico connubio “cristiano-europeo-bianco” tanto sventolato dalla sua Lega Nord. E non è finita, questi coinvolgono pure l’Università, i commercianti, preparano una “Notte nera” che sia una festa della città con tutti i cittadini. Tutto questo in attesa del “loro” 1° marzo, nelle scuole, nei centri di aiuto ed accoglienza, nelle strade del centro storico, fra chi è loro indifferente, chi si infurierà per il blocco del traffico, e chi si interesserà alla loro gialla marcia, ai flash mob (non si allarmi per questa parola, è una stravaganza occidentale) e al vento fresco che sperano possa allontanare il tanfo di pregiudizio a volte insopportabile. Vogliono essere un fiume in piena che spazzi via la xenofobia serpeggiante nel nostro paese. Pensi che qui è nato tutto dall’iniziativa di due donne, una docente ed una psicologa, una bianca e una nera. Io quest’ultima l’ho incontrata. Si chiama Yodit Abraha, ha origini etiopi (l’Etiopia si, penso che il suo collega La Russa le parli spesso degli antichi fasti italiani laggiù). L’ho incontrata si, le ho parlato anche (spero non si offenderà). Dice di avere molta paura, ma a me è parsa agguerrita, dice di essere pessimista sul futuro italiano, ma tutto questo non la ferma. Difende a denti stretti l’iniziativa e dice che la cosa che li unisce è la consapevolezza di essere tutti persone. Sa persone, quelle che piangono di gioia o di dolore, che ridono, che defecano, che vanno a lavoro, che si incazzano. Io adesso non so, ma questi mi sembrano abbastanza incazzati (altrimenti non l’avrei neanche disturbata), e la cosa fa paura, perché se sono incazzati avranno pure un qualche motivo. Mi scusi per lo sfogo, caro ministro, ma io queste cose le vedo, ed ho paura.
Ha proprio ragione lei, se questi stranieri conoscessero almeno fino al secondo principio della nostra Costituzione, saprebbero (come anche lei ben sa) che (e scusi se scandisco bene) “la Repubblica Italiana riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. E’ questo che mi da ai nervi, non solo non la conoscono, ma pretendono anche che si applichi. Caro ministro, qua la questione è più seria del previsto, questi pretendono di essere garantiti dalla Costituzione. Insomma, questi pretendono di stare meglio di noi! Ministro, io non vorrei allarmarla, ma si dice che il 1° marzo 2010 un popolo giallo riempirà le piazze d’Italia dicono contro la politica xenofoba, o meglio (osano dire) razzista del suo governo. Ma non è possibile,forse sto sognando. Si, sarà un altro paese! Un altro paese si. Sarà, a me pare un altro mondo.
Scritto da Giuseppe Campisi su Il carrettino delle idee
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1 Marzo 2010 “Giornata internazionale dello sciopero migrante”

Il primo di Marzo si apre la ‘Primavera Antirazzista’, una campagna nazionale che si svolgerà dal 1° al 21 marzo ed ha l’obiettivo di difendere e promuovere i diritti dei migranti, valorizzandone ruolo e presenza in Italia. Sarà il giallo a colorare la giornata dello “sciopero migrante” anche a Messina.


Grazie al fronte sociale che si è costituito forte di numerose associazioni cittadine laiche e cattoliche - la “Primavera Antirazzista” scalderà anche la città di Messina con iniziative che nel corso della giornata di lunedì 1 Marzo 2010 sottolineeranno la necessità di contrastare ogni forma di razzismo e grideranno forte il diritto di tutti i migranti alla regolarizzazione, al pieno godimento dei diritti di cittadinanza, al riconoscimento del valore sociale e politico del lavoro dei migranti.


A Messina la ‘Primavera Antirazzista’ si fonderà con la solidarietà nei confronti della popolazione Rom da anni residente in città. Il 2 Febbraio scorso, infatti, i vigili urbani hanno effettuato l’identificazione e la schedatura dei residenti nel campo Rom di S. Ranieri, rendendo palese l’intenzione di realizzarne lo sgombero senza garantire una soluzione abitativa e giuridica ai circa 70 abitanti, di cui metà bambini.


Sprovvisti di titoli di soggiorno a causa dell’impossibilità di avere dei documenti validi – vista la disintegrazione del loro paese d’origine, la Jugoslavia, a seguito di numerose e tragiche guerre – la popolazione Rom di Messina rischia di essere consegnata alla paura e all’incertezza.


Per questo motivo, le associazioni e alcuni partiti politici locali, hanno avviato la sottoscrizione di un appello di solidarietà alla popolazione Rom.


L’obiettivo è quello di raggiungere le prime 5000 firme entro il primo marzo e fare pressione sul prefetto affinché impedisca uno sgombero in mancanza di una soluzione abitativa alternativa, al questore cittadino affinché rilasci alla popolazione interessata dei permessi umanitari, e all’amministrazione comunale affinché proceda all’individuazione di un’alternativa abitativa reale per le famiglie Rom.Alle ore 10:00 del primo Marzo, presso il Municipio di Messina, ci sarà l’incontro con la stampa delle organizzazioni del fronte sociale cittadino che promuove l’appello di solidarietà e la prima simbolica consegna delle firme raccolte.


Nel pomeriggio, alle ore 14:00, verrà organizzato un sit-in dinnanzi i locali della Prefettura di Messina, e alle 18:00, a Piazza Cairoli, si terrà un presidio per sensibilizzare i cittadini e sarà presentato il video “Terra estrema” di Enrico Montalbano.


Di seguito il programma degli appuntamenti.


1 Marzo 2010, ore 10:00
Municipio: Conferenza stampa e consegna delle firme raccolte


1 Marzo 2010, ore 14:00
Prefettura: Sit-in


1 Marzo 2010, ore 18:00
Piazza Cairoli presidio di sensibilizzazione


Fonte: Il carrettino delle idee


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mercoledì 24 febbraio 2010

28 febbraio / 1 marzo 2010 Palermo: Palermo antirazzista si mobilita per il Primo Marzo

Comunicato Stampa Palermo antirazzista si mobilita per il Primo Marzo
Palermo, 23 febbraio 2010
Dal 28 febbraio al 1 marzo a Palermo, 48 ore di mobilitazione per dire no al razzismo e rivendicare il ruolo portante del lavoro “straniero” nella nostra società. Sarà il giallo il coloro identificativo.
Più di sessanta tra associazioni e comunità migranti, docenti dell’Università degli Studi di Palermo, commercianti italiani e stranieri aderiscono a Palermo al “Movimento Primo Marzo – Sciopero degli stranieri”. Un collettivo non violento che riunisce in tutta Italia persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico. Immigrati, seconde generazioni e italiani accomunati dal rifiuto del razzismo, dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano.
Molte le attività proposte dal comitato palermitano, coordinato da Tindara Ignazzitto, insegnante di italiano agli stranieri e operatrice interculturale, e Yodit Abraha, educatrice, psicologa e mediatrice culturale etiope.
Nel pomeriggio del 28 febbraio alle ore 16.00 a Piazza Castelnuovo, microfono aperto per dare voce a stranieri e italiani che credono nel cambiamento. A seguire, comunità di immigrati e italiani si esibiranno in performance teatrali, danze e musiche interculturali. Il Teatro dell’Oppresso, secondo la tecnica del teatro giornale, mette a confronto notizie di cronaca riportate da diverse fonti per demolire gli stereotipi, la rappresentazione “il viaggio” (di Elisa Vegna e Giovanna Alagna) racconta, usando voce e movimento corporeo, i viaggi delle donne migranti attraverso diversi frammenti poetici di scrittrici straniere.
Nella notte del 28 febbraio Ballarò apre le porte alla città per una “Notte nera”: apertura dei negozi, musica africana, djset ghanese e degustazioni dal mondo.
Lunedì primo marzo, nella mattinata in una ventina di scuole palermitane uno straniero racconterà la propria esperienza di migrazione e di inserimento nella nostra città agli studenti - italiani, stranieri o seconde generazioni - alle loro famiglie e a tutti i lavoratori della scuola, per approfondire il contatto diretto con i migranti che vivono a Palermo. Questo costituirà il primo contatto di un percorso formativo con le scuole che proseguirà durante l’anno scolastico.
In contemporanea, all’Università di Palermo, presso la Facoltà di Giurisprudenza, il seminario “Diritto d’asilo e status costituzionale dello straniero”. Introduce e coordina: prof: Fulvio Vassallo PaleologoPartecipano: Avv. Daniele Papa – (ASGI); Avv. Paola Ottaviano – (ASGI) Siracusa; Avv. Giovanni Annaloro – (ASGI) Caltanissetta. Al termine, sarà proiettato il video-documentario “La Terra (e)Strema” di Enrico Montalbano, Angela Giardina ed Ilaria Sposito.
Alle 16.00 da Piazza Bologni, il corteo giallo del Primo Marzo, si recherà nei maggiori centri d’accoglienza migranti: Santa Chiara, Casa Professa e Centro Astalli. Passando per Piazza Massimo con momenti di flash mob, si concluderà alle 19 sotto la Prefettura, in via Cavour, per la consegna della Carta per i Diritti e la Convivenza.
La Carta per i Diritti e la Convivenza, linea programmatica del comitato di Palermo, contribuirà alla preparazione della piattaforma politica del Movimento Nazionale.
Personalmente non posso sottrarmi al mio senso di coerenza e responsabilità. – spiega Tindara Ignazzitto - Insegnando italiano come lingua seconda in Italia da più di quindici anni, lavoro grazie alla presenza di stranieri sul nostro territorio e dovunque nel mondo ci sia qualcuno che ha voglia o bisogno di conoscere la nostra lingua e la nostra cultura. Sarei un’ipocrita e un’irresponsabile, se mi sottraessi all’impegno di sostenere la battaglia sacrosanta per il diritto di chiunque scelga di stabilirsi e di vivere decorosamente nel nostro Paese senza la paura di dover fuggire o essere perseguitato.” “Da ventisei anni vivo in Italia – racconta Yodit Abraha – prima vivevo con la speranza che i problemi si risolvessero, oggi con la paura che la situazione possa solo peggiorare. Ma quando un giorno avrò un figlio, voglio poterlo guardare negli occhi e dire che ho provato a cambiare le cose: sono gli stranieri in primo luogo che devono prendere coscienza che hanno diritti e devono lottare per essi”.
Contatti Ufficio Stampa:
Amelia Bucalo Triglia 3296509941
Valentina Ricciardo 3208058371 Comitato Primo Marzo: Tindara Ignazzitto 3397458087 Yodit Abraha 3398140232 Mail to: primomarzo2010palermo@gmail.com http://www.primomarzo2010.it/

LISTA DELLE ADESIONI A PALERMO


1.  Al Janub – Tutti I Sud Del Mondo
2.  Amnesty International Palermo
3.  Anomalia - Spazio antagonista occupato
4.  Arcigay Palermo
5.  Asantesana Onlus
6.  Associazione “Bayty Baytik Casa Mia È Casa Tua”
7.  Associazione Casa di tutte le genti
8.  Associazione Extra
9.  Associazione Hombre
10. Associazione Interculturale Narramondi Onlus
11. Associazione Liberi Tutti
12. Associazione Mama Africa
13. Associazione Mauritius Telegu
14. Associazione Nahuel
15. Associazione Youth in Action
16. Biagio Conte – Missione Di Speranza E Carità
17. Casa Delle Culture Di Reda Berradi
18. Ce.S.I.E. - Centro Studi Ed Iniziative Europeo
19. Centro Astalli Palermo
20. Centro delle Culture Ubuntu
21. Cesp - Centro Studi Per La Scuola Pubblica
22. Circolo Arci Controcampo di Monreale
23. Circolo architetti del PD, Palermo
24. Ciss - Cooperazione Internazionale Sud Sud
25. Clac - Centro Laboratorio Arti Contemporanee
26. COBAS
27. Collettivo 20 Luglio Facoltà Scienze Politiche Palermo
28. Collettivo Universitario Autonomo
29. Come una marea
30. Comitato Spazio Pubblico Palermo
31. Comunità Bangla
32. Comunità Burkinabé
33. Comunità Ecuadorena
34. Comunità Eritrea
35. Comunità Etiope
36. Comunità Filippina
37. Comunità Ivoriana
38. Comunità Marocchina
39. Comunità Mauriziana
40. Comunità Ghanese
41. Comunità ROM
42. Comunità Senegalese
43. Comunità Sudanese
44. Comunità Tamil
45. Comunità Tunisina
46. Confederazione Regionale Cobas
47. Cooperativa sociale INSIEME, progetto SPRAR del Ministero degli Interni
     per richiedenti asilo e rifugiati, Marsala
48. Dipartimento Istruzione PD, Palermo
49. Emergency Palermo
50. European Education Network (Rete Europea Educazione)
51. Federazione Partito Rifondazione Comunista Palermo
52. Forum Antirazzista Palermitano
53. Fuori Controllo - Collettivo Autonomo Studentesco
54. Gange Onlus
55. Gruppo A.D.A. Palermo - Amici Di Amref
56. Gruppo di Italia dei Valori del consiglio comunale Palermo
57. H.R.Y.O. - Human Rights Youth Organization
58. I Contemplari
59. Laboratorio Zeta e Kom-pa.net
60. Laici Comboniani Palermo
61. Left
62. LIBERA Palermo
63. LVIA - Associazione Internazionale Volontari Laici
64. Mondi Emersi – Messina
65. Movimento Federalista Europeo Palermo
66. Movimento per Palermo
67. Muovi Palermo
68. Officina Creativa Interculturale
69. Santa Chiara
70. SEI Sindacato Emigrati Immigrati UGL Sicilia
71. SLAI – COBAS
72. Società Siciliana per l’Amicizia tra i Popoli
73. Spazio gioco ludoteca Giardino Di Madre Teresa



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martedì 23 febbraio 2010

27 febbraio, Palermo: Liberi tutti - Migranti, tra diritti e occupazione



            LIBERI TUTTI - MIGRANTI, TRA DIRITTI E OCCUPAZIONE
           Palermo, Circolo ARCI Blow Up - 27 febbraio 2010, h 18,30


Quando si parla di stranieri residenti in Italia, quasi sempre l’accento viene posto sul tema della sicurezza, creando così un legame diretto tra immigrazione e problemi di ordine pubblico. Eppure, stando alle statistiche, questo legame ha pochissime ragioni d’esistere. Piuttosto, sarebbe opportuno cominciare a parlare degli scarsi investimenti fatti dallo Stato e dagli enti locali sul fronte dell’integrazione e dell’inclusione sociale. Così procedendo, si potrebbe anche affrontare la questione dell’implementazione dei diritti di quella larghissima fascia di lavoratori stranieri che, in quanto a garanzie di welfare, scontano un forte deficit rispetto ai loro colleghi italiani. E se proprio si volesse seguire il buon senso, bisognerebbe anche cominciare ad abbattere la distinzione (linguistica e giuridica) tra “italiani” e “stranieri nati in Italia”. Il punto da cui partire, infatti, non può essere più quello della mera accoglienza: si tratta, semmai, di affrontare con decisione l’inclusione di una fascia di popolazione “italiana” che ha toccato quota 500 mila (tanti sono i figli di stranieri nati nel Belpaese).

Solo all’Università di Palermo, oggi ci sono quasi 300 studenti della cosiddetta “seconda generazione” di stranieri. E sono proprio loro i protagonisti di “Liberi tutti”, di questo periodico d’informazione nato nell’ambito del progetto “Instrada” e finanziato dall’ateneo del capoluogo siciliano. Si tratta di una rivista che racconta storie di vita, disagi e problematiche delle comunità straniere e che è stata scritta interamente dai figli di queste comunità. A loro, abbiamo demandato il compito di raccontare la città, la “loro” città.

Lo abbiamo fatto per due ragioni. La prima riguarda il mondo dell’informazione, dove troppo spesso gli afflati umanitari e gli impeti nazionalistici e simil razzisti si scontrano, generando confusione e travisando la realtà. La seconda ragione riguarda il messaggio che vogliamo lanciare: il fatto di aver dato voce agli “stranieri di seconda generazione” non ha alcuna pretesa politica. Piuttosto, è una provocazione che abbiamo voluto lanciare per mettere in risalto il paradosso di un Paese che considera ancora “straniera” una larghissima fetta di popolazione “italiana”.

Per questo, la nostra speranza è che, una volta superato il paradosso, la redazione di “Liberi tutti” venga definita per quella che è: una redazione di giovani studenti palermitani che parla di Palermo e dei suoi deficit di cittadinanza.

ORE 18,30 - Presentazione Rivista e Dibattito

Intervengono:

Rita Borsellino
(Eurodeputato e Presidente Un'altra Storia)

Roberto Mazzarella
(Centro Studi e Documentazione sulle Migrazioni del comune di Palermo)

Aurelio Angelini
(Docente dell'Università degli Studi di Palermo)

Fulvio Vassallo Paleologo
(Docente dell'Università degli Studi di Palermo)

Tindara Ignazzitto
(Comitato Sciopero 1 Marzo)

Anna Bucca
(Presidente ARCI Sicilia)

Mohammed Abdul Fatha
(Responsabile ambulatorio Emergency)

Zaher Darwish
(Responsabile Immigrazione CGIL)

Mimmo Di Matteo
(Responsabile ufficio Stranieri CISL Palermo)

ORE 20,00 - Aperitivo

ORE 22,00 - Gli "Hank" in concerto e a seguire DJ BASH

Vi aspettiamo numerosi!

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Maggio 2010, Turchia: Progetti "Who is the human who makes sports" e "Intercultural kitchen"

Con la presente Il CEIPES è lieta di comunicarvi la possibilità di partecipare ad un interessante progetto intitolato:

WHO IS THE HUMAN WHO MAKES SPORTS

che si realizzerà dal 14 al 23 Maggio 2010 a Salihli- Manisa in Turchia
(60km da İzmir).

L’invito è rivolto a 4 giovani tra i 19 e i 25 anni che si incontreranno con partecipanti provenienti da: Portogallo, Romania, Ucraina, Kosovo, Moldavia, Albania, Serbia e Turchia.
Il progetto è co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Gioventù in Azione.
Gioventù in Azione 2007-2013
www.agenziagiovani.it/programma.htm

è un programma di educazione non formale e promuove progetti europei di mobilità giovanile internazionale di gruppo e individuale attraverso gli scambi e le attività di volontariato all'estero, l'apprendimento interculturale e le iniziative dei giovani di età compresa tra i 13 e i 30 anni.

Breve presentazione del progetto
Il 19 Maggio presso lo stadio cittadino di Manisa, verrà realizzato l’evento: “Youth and Sports Day Festival”, che conterà sulla partecipazione di circa 5000 spettatori!
I partecipanti al progetto prenderanno parte all’evento e si occuperanno di molti aspetti relativi alla sua realizzazione; sarà loro richiesto di portare con se dal paese di appartenenza prodotti tipici, oggetti rappresentativi e tradizionali.
I gruppi realizzeranno inoltre specifiche presentazioni relative al tema dello sport e all’importanza e al ruolo di quest’ultimo nella rispettive società.
Le spese relative al vitto e alloggio (Albergo 3 stelle), nonché quelle per l’ottenimento dell’eventuale Visto sono a carico del progetto.
l partecipanti dovranno pagare solo il 30% delle spese di viaggio Palermo- Manisa. Vitto, alloggio e il 70% del trasporto sarà carico dell’associazione promotrice.
Quota d’iscrizione per partecipare è di 30 euro, in più riceverete la Tessera “Sostenitore del CEIPES” valida un anno. [Maggiori informazioni sui servizi offerte dalla Tessera CEIPES saranno presto disponibili sul nostro sito internet

Per candidarsi basta completare il formulario a questo indirizzo: http://ceipesweb.fltlab.net/index.php?option=com_artforms&formid=11&Itemid=99999

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Un altro progetto per giovani tra 18 e 35 anni con partecipanti di diversi paesi: Lituania, Spagna, Polonia, Bulgaria, Turchia e Italia nella città di Canakkale (Troya) in Turchia.
Il progetto è co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Gioventù in Azione.
Gioventù in Azione 2007-2013
www.agenziagiovani.it/programma.htm è un programma di educazione non formale e promuove progetti europei di mobilità giovanile internazionale di gruppo e individuale attraverso gli scambi e le attività di volontariato all'estero, l'apprendimento interculturale e le iniziative dei giovani di età compresa tra i 13 e i 30 anni.
Il CEIPES cerca 4 partecipanti per il corso di formazione

“INTERCULTURAL KITCHEN”

che si svolgerà dall’8 al 16 Maggio a Canakkale, Turchia
www.allaboutturkey.com/canakkale.htm

Lo scopo di questo progetto è conoscere ed imparare i differenti metodi di preparazione dei cibi dei paesi coinvolti. I partecipanti dovranno cucinare cibi tradizionali dei loro paesi e allo stesso tempo avranno l’opportunità di conoscere meglio le altre culture.
Il partecipante deve pagare il 30% delle spese del viaggio Palermo-Canakkale. Vitto, alloggio e il 70% del trasporto sarà carico dell’ associazione promotrice.


Quota d’iscrizione per partecipare è di 30 euro, in più riceverete la Tessera “Sostenitore del Ceipes” valida un anno.
Maggiori informazioni sui servizi offerte dalla Tessera Ceipes sono disponibili sul nostro sito internet http://www.ceipes.org/
Per candidarsi basta completare il formulario a questo indirizzo:
http://ceipesweb.fltlab.net/index.php?option=com_artforms&formid=16&Itemid=99999

--
M. Kirkar
Vice President
CEIPES - Centro Internazionale per la Promozione dell'Educazione e lo Sviluppo / International Centre for the Promotion of Education and Development
Via G. La Farina, 21 - 90141 Palermo, Italia
Tel.: +39 091 7848236 - Fax: +39 091 6197543
Cell. +39 328 559 68 57 - Skype: ceipes_network
C.F.: 97222420826

domenica 21 febbraio 2010

Diritti umani: dall'Onu 92 richieste all'Italia, tutela dei migranti e lotta al razzismo

Lunedì, 15 Febbraio 2010
Tutelare i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo e delle minoranze rom e sinti; migliorare la condizione dei detenuti, accrescere la lotta alla discriminazione e al razzismo e, soprattutto, dotare il paese di un’Autorità indipendente per la promozione e la tutela dei diritti umani. Sono alcune delle 92 raccomandazioni che il Consiglio dell'Onu dei diritti umani ha presentato all’Italia la scorsa settimana a conclusione della "Revisione periodica universale" ( Upr).

L'esame - sostenuto dalla delegazione italiana presieduta dal Sottosegretario agli Esteri, Vincenzo Scotti - a cui è sottoposto periodicamente ogni paese ha evidenziato inoltre "i ritardi di Roma nel recepire il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e nel ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta di esseri umani" - riporta l'agenzia Misna. Le 92 raccomandazioni investono tutto l'arco dei temi sui quali si misura, secondo gli standard internazionali delle Nazioni Unite, il grado di rispetto dei diritti umani e la qualità della democrazia e dello stato di diritto di ogni paese.

"Nel documento di 15 pagine del Consiglio dell’Onu per i diritti umani - riporta la Misna - si denunciano "numerosi episodi di razzismo e xenofobia", compresi casi che hanno avuto come protagonisti politici italiani, e "l’adozione a partire dal maggio 2008 di diverse leggi dai contorni evidentemente discriminatori ai danni di minoranze etniche". Al Governo italiano si chiede in particolare di interrompere immediatamente la raccolta di impronte digitali di rom e sinti e di "distruggere eventuali dati raccolti in contraddizione con le norme del diritto internazionale sull’uguaglianza e i pari diritti dei cittadini". L'Italia deve quindi agire -"per favorire l'integrazione interculturale, favorire la parità tra uomo e donne, lottare contro l'istigazione all'odio". Il Consiglio dell'Onu chiede inoltre di "investigare e punire i crimini contro persone gay, lesbiche e transgender".

Tra i temi affrontati - riporta l'agenzia Ansa - anche il "pacchetto sicurezza" - nei confronti del quale il Consiglio chiede di "decriminalizzare l'entrata irregolare in Italia"-, la situazioni degli immigrati irregolari, dei minori, dei detenuti, l'indipendenza e la pluralità dei mass media - tema evocato da paesi come la Norvegia o il Canada - l'indipendenza della giustizia - questione sollevata ad esempio dal Regno Unito e l'Austria ma anche dall'Iran". Sono ben 25 i paesi che hanno chiesto al Governo italiano di adempiere alla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1993 e di "costituire senza ulteriori ritardi una Commissione nazionale indipendente per i diritti umani in linea ai Principi di Parigi in merito a indipendenza, autorevolezza ed effettività" come ha sottolineato la delegazione del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani (la rete di 81 Organizzazioni non governative italiane).

Su molti di questi temi l'Italia ancora non si è ancora pronunciata, ma "il Paese - ha detto al Consiglio l'ambasciatore italiano Laura Mirachian - ha però preso nota di tutte le raccomandazioni" e "risponderà ad ognuna entro la 14/sessione del Consiglio dei diritti umani, in giugno". "Le raccomandazioni saranno esaminate a fondo nel quadro delle procedure interne, in modo aperto e prioritario" - ha aggiunto l'ambasciatore Mirachian.

Ulteriori raccomandazioni pongono attenzione sulla tutela dei minori e delle persone disabili, sulle discriminazioni di genere nel mercato del lavoro, sulla "scarsa partecipazione" delle donne alla vita politica italiana e sulla libertà dei media. In occasione dell'esame, Amnesty International ha sottoposto all'attenzione del Consiglio Onu dei diritti umani un dettagliato documento sulla situazione dei diritti umani in Italia nel quale l'associazione ha chiesto, tra l'altro, al nostro paese di modificare le disposizioni del "pacchetto sicurezza" e sugli sgomberi forzati, assicurare i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati, rispetto delle Convenzioni europee e dei Patti internazionali sui diritti civili e politici e l'introduzione del "reato di tortura".

Finora la "Revisione periodica universale" ha riguardato 96 paesi. L’esame, della durata di tre ore, è condotto dai rappresentanti dei 47 stati membri e si basa su tre documenti: un rapporto preparato dai responsabili del paese esaminato, un documento preparato dall’Ufficio dell’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani e un testo redatto a partire dalle osservazioni delle locali associazioni per i diritti umani. [GB]



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sabato 20 febbraio 2010

Sicilia Mondo: I fatti di Rosarno. Quale lezione dalla vicenda calabrese?

La Rosarno è tornata la calma. I rosarnesi hanno sfilato in piazza per rigettare l’accusa di razzismo. Un ritorno alla normalità da tutti auspicato che ci consente alcune riflessioni.
Per capire che cosa è avvenuto, occorre riportare alla nostra memoria lo scenario di vita da inferno dantesco che ha fatto esplodere la guerriglia tra i lavoratori immigrati e la popolazione locale.
Uno scenario brulicante di migliaia di persone che vivono ai margini della città, in un contesto al di sotto dei livelli della dignità umana, sia come alloggio, sia come condizioni igienico-sanitarie, con una retribuzione di assoluto sfruttamento, nelle mani di caporali mafiosi, agenti e subagenti del lavoro sommerso, con 25 euro per otto ore di lavoro meno 5 euro per il trasporto delle camionette. Come bestie. Senza protezione sindacale, legislativa e amministrativa. Sia locale che nazionale. Come schiavi. Senza diritti.
Isolati dalla società rosarnese, impaurita dalla mancanza di relazioni e dalla criminalizzazione mediatica amplificata.
Il tutto sotto gli occhi di tutti. Sindacati ed Istituzioni. Non una parola.
A fare esplodere questo bubbone sociale, è bastata la bravata di due balordi che hanno sparato con un fucile ad aria compressa a due immigrati. Una scintilla che diventa esplosione senza margini.
La reazione dei rosarnesi è stata immediata perché si sono sentiti minacciati a casa propria. E’ subentrata la paura alimentata dalla malavita locale, sempre pronta in occasioni del genere.
L’intervento della polizia ha ristabilito l’ordine con la deportazione di un migliaio di immigrati nei centri di identificazione e di espulsione di altre Regioni. Molti sono fuggiti.
Su questo scenario incivile ed esplosivo, è assolutamente fuorviante affermare che i fatti di Rosarno si possano attribuire alla eccessiva tolleranza. Un falso mediatico sulla verità.
I fatti di Rosarno sono, piuttosto, una pagina nera che richiede approfondimento e richiamo alle responsabilità. Ne parlerà la storia. Ma i veri storici siamo noi che abbiamo assistito alla nefasta regressione culturale del nostro Paese, da sempre modello e testimone di una lunga tradizione di umanesimo e di secolare accoglienza, diventare Paese razzista e xenofobo sotto l’incalzante ed ossessiva adozione di provvedimenti incivili da parte di un Governo che ha perseverato sull’onda lunga di un successo elettorale imbastito sulla paura, sulla criminalità dell’immigrato e sulla insicurezza dei cittadini.
Senza capire che la questione della mobilità umana è un fenomeno di dimensione internazionale che va inserito tra le priorità dei Governi, delle forze politiche, delle Associazioni, con la capacità di gestire integrazione e solidarietà come antidoto ad una società ingovernabile, piena di conflitti, sfruttamenti e violenze.
Occorre convincersi che il mondo non è più quello di ieri, è cambiato e va guardato nel suo complesso e che non può essere più quello delle chiusure e degli egoismi ma un mondo aperto alle relazioni ed al dialogo tra i popoli.
Altra cosa è la linea dura del Governo da tutti invocata e voluta contro ogni forma di criminalità e di violenza, da qualunque parte provenga. Così come è evidente che gli arrivi non possono non essere regolati e contingentati con la precedenza al diritto internazionale di asilo.
Questo lo hanno capito bene gli altri Paesi europei. In Germania la Merkel, già parecchi anni addietro, ha fatto della questione immigrazione la priorità del suo Governo scegliendo l’integrazione. Sullo stesso piano l’Inghilterra, la Francia, la Svizzera, i Paesi Bassi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: pace sociale, risorsa aggiuntiva allo sviluppo, ricchezza multiculturale.
Diversamente, nel nostro Paese, a guida leghista, è stata scelta la strada della intolleranza, della caccia all’immigrato, identificato con il malavitoso e della persecuzione allo straniero. Non solo campagna mediatica ma provvedimenti legislativi. Basta seguire che cosa è avvenuto in questi ultimi anni.
La segnatura ai minori Rom, il rigetto in mare dei richiedenti di asilo, di donne incinte e di bambini, accordi con Gheddafi per fare sparire gli immigrati nel deserto africano, istituzione di ronde contro gli immigrati gestite da privati, l’introduzione del reato di immigrazione, la discriminazione dei figli di immigrati nati in Italia o arrivati in tenera età ai quali viene impedito di diventare italiani, diniego della cittadinanza a persone perfettamente integrate in Italia, anche da decenni. Con l’aggiunta di una politica di odio e di repulsione generazionale.
Altro che eccessiva tolleranza. Ce ne è quanto basta e forse di più per una cultura razzista. Una deriva pericolosissima dai risvolti tristemente imprevedibili.
Non c’è da meravigliarsi. Il razzismo è una malattia sociale che esplode nei momenti di caduta dei valori, di decadenza morale, di crisi della democrazia e di fragilità delle Istituzioni. E’ la storia che ce lo insegna. Ha trovato le condizioni favorevoli in un Paese incagliato dalla crisi economica, dal crescente livello di disoccupazione e dalla sempre più diffusa povertà di larghi strati della popolazione.
Non per niente l’Unione Europea è ripetutamente intervenuta con giudizi pesanti sui provvedimenti del Governo italiano, senza dire della stampa internazionale che non ha esitato di dare all’Italia il marchio di Nazione razzista.
Per fortuna, non in tutta l’Italia avvengono i fatti di Rosarno e di Volturno. Nella stessa Calabria non mancano esempi e modelli di integrazione. A Riesi, sulla costa ionica, a soli 50 km da Rosarno, dove il sindaco Massimo Lucano ha richiesto di potere ospitare un gruppo di immigrati in fuga avendo realizzato nel Comune un modello di integrazione dove gli stranieri hanno trovato lavoro insieme ai giovani del luogo nei settori dell’artigianato, dove è stata aperta una scuola per l’analfabetismo ed i locali per i bambini, realizzando una convivenza pacifica e produttiva per la cittadinanza. Ma di questi esempi non ne parla nessuno.
In Sicilia dove, nonostante gli elevati indici di disoccupazione, migliaia di immigrati hanno trovato spazio in una convivenza aperta nei confronti dell’altro che arriva. Così come non mancano Comuni siciliani con immigrati eletti nei Consigli comunali, con voto consultivo.
In questo contesto di civiltà mediterranea e di millenaria accoglienza nei confronti dell’altro, Sicilia Mondo, sulle indicazioni del Convegno regionale “Conosciamoci” con le etnie non comunitarie, dell’aprile scorso, ha presentato alla Regione un progetto per la integrazione degli immigrati, già all’esame della Commissione all’Assessorato alla Famiglia.
Come commentare allora i fatti di Rosarno?
Sostituiti dalle immagini drammatiche di Haiti, i fatti di Rosarno diventano sempre più lontani e sempre più dimenticati dalla coscienza collettiva. Ma quale lezione ha lasciato questa vicenda calabrese?
E’ la domanda che facciamo a noi stessi ed a chi ci legge.
Cosa faranno ora o dovrebbero fare la società civile, i partiti politici, lo Stato per reprimere ogni forma di sfruttamento e rimettere tutto nella legalità? Come cambieranno le cose a Rosarno e in Italia?
E’ un interrogativo che diventa preoccupazione amara per la constatazione della assoluta mancanza di contrasto culturale da parte della società civile italiana pur dotata di sensibilità sociale, di tradizioni e di etica cristiana sui temi del diritto alla vita ed alla dignità umana.
Preoccupazione che si incupisce osservando l’indifferenza assordante della stragrande maggioranza di parlamentari bipartisan, di formazione cattolica, ridotti al ruolo di noleggiati dai capi politici sulle linee politiche e sui provvedimenti legislativi del Parlamento avendo perduto la dignità delle idee, dei comportamenti e delle scelte secondo coscienza. Hanno perduto credibilità. Non hanno niente da dire.
Emblematica ed illuminante la parola di Papa Benedetto XVI: “Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona! Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita. Occorre che le Istituzioni, sia politiche, sia religiose, non vengano meno – lo ribadisco – alle proprie responsabilità”.

venerdì 19 febbraio 2010

Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del Primo Marzo 2010 - Una giornata senza di noi

Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del Primo Marzo - Una giornata senza di noi presentando ai nostri studenti e alle nostre studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle iniziative della giornata:

I mandarini e le olive non cadono dal cielo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l´Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie... prelevati, qualcuno è sparito per sempre. Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l´interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani. Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza. La gente non voleva vederci.
Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all´uomo. Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci.
I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono. Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all´Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze.
Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste: domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motivi umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.

L´Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma

Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in Grecia e in altri paesi europei, la giornata del Primo Marzo è stata proclamata “una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso altre forme di protesta come l'astensione dai consumi. Ispirata alla giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are America”, questa giornata ci sembra di particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.

Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno. Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio – le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani, la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno – sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto gestire il fenomeno globale delle migrazioni. Il risultato, innanzitutto, di una volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione.

Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel resto d’Italia: l’istituzione dei centri di detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa, l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso la Libia iniziati nel maggio del 2009 volti a risolvere il problema degli arrivi sulle coste italiane con la deportazione verso i campi di concentramento della Libia finanziati dallo stato italiano di donne, uomini e bambini, spesso potenziali rifugiati provenienti dai luoghi di guerra delle ex-colonie italiane. La criminalizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno produce effetti a cascata su tutti/e i/le migranti che vivono in Italia, rendendo precaria la condizione degli/delle stessi/e migranti “regolari”, esponendoli/e a continue discriminazioni e alla possibilità sempre presente di ricadere nell’“irregolarità”.

Come può manifestare qualcuno che non esiste?” si chiedono i lavoratori africani nella lettera che vi abbiamo letto, descrivendo prima di questa domanda l’esistenza quotidiana “di chi non esiste”, dalla giornata lavorativa alle notti prive di acqua e elettricità e costellate di episodi di violenza e intimidazioni. “Come può esistere chi non esiste” è, infatti, secondo noi, la domanda di fondo diventata sempre più impellente in Italia e generata da una forma pervasiva di razzismo istituzionale che permette e legittima forme di razzismo, intolleranza, xenofobia sociali che stanno ormai erodendo la vivibilità comune delle nostre città. O, meglio, come possono esistere tutti e tutte coloro che, pur essendo “attori della vita economica di questo paese”, con differenti dispositivi sono continuamente sospinti verso una presenza marginale e una vita non vivibile costellata di mille ostacoli (dai tempi biblici del rinnovo del permesso di soggiorno all’assenza di ogni possibilità di regolarizzazione, dagli innumerevoli modi in cui si elude il riconoscimento dello stato di rifugiato alle norme che entrano in modo discriminatorio nelle scelte di vita affettiva concedendo ai migranti “affetti di serie b”, sino ai mesi di detenzione previsti per chi non ha o ha perso il permesso di soggiorno e all’ultima proposta del “permesso di soggiorno a punti”)?

Aderiamo a questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri paesi del mondo. In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi salari e senza garanzie. La scandalosa difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari, attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.

Docenti precari/e e docenti non precari/e delle Università italiane

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Razzismo, quasi la metà dei giovani chiusa agli stranieri o xenofoba

Da uno studio presentato oggi alla Camera emerge un quadro desolante dei ragazzi tra i 18 e i 29 anniRom, sinti e romeni i meno graditi. Il profilo più estremo riguarda il 10 per cento e si espande onlineROMA - Quasi la metà dei giovani italiani è razzista, diffidente nei confronti degli stranieri mentre solo il 40 per cento si dichiara "aperto" alle novità e alle nuove etnie che popolano il nostro Paese. E' lo sconfortante ritratto offerto dall'indagine "Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti" da cui emerge che il razzismo è un fenomeno tutt'altro che sradicato tra i ragazzi. Presentato oggi alla Camera, alla presenza del presidente, Gianfranco Fini, lo studio è promosso dalla Conferenza delle assemblee delle Regioni nell'ambito delle iniziative dell'Osservatorio della Camera sui fenomeni di xenofobia e razzismo, ed è stato realizzato da Swg su duemila giovani.
Chiusure e fobie. L'area tendenzialmente fobica e xenofoba è del 45,8 per cento, con diverse sfumature al suo interno. Lo studio indica tre agglomerati. Il primo è quello dei Romeno-rom-albanese fobici, pari al 15,3 per cento del totale degli interpellati, e manifesta la propria intolleranza soprattutto verso questi popoli. E' l'unico gruppo la cui maggioranza (56 per cento) è costituita da donne. Il secondo riunisce soggetti con comportamenti improntati al razzismo. E' il più esiguo, perché rappresenta il 10,7 per cento dei giovani, ma il più estremo, perché in sostanza rifiuta e manifesta fastidio per tutti, tranne europei e italiani. Ci sono poi gli xenofobi per elezione (20 per cento): non esprime forme di odio violente, quel che conta è che le altre etnie se ne stiano lontane, possibilmente fuori dall'Italia.
Aperture e tolleranze. La fetta di quanti hanno invece un atteggiamento aperto è del 39,6 per cento. All'interno si riconoscono gli inclusivi (19,4 per cento) con un'apertura totale e serena (55,3 per cento); i tolleranti (14,7 per cento), un po' più freddi rispetto ai precedenti e gli aperturisti tiepidi (5,5 per cento), ossia giovani decisamente antirazzisti, ma con forme più caute e trattenute, minore interazione con le altre etnie e un riconoscimento più ridotto dell'amore omosessuale. Al centro lo studio posiziona i mixofobici (14,5 per cento), giovani che non sono del tutto proiettati verso la chiusura, ma neppure verso il suo opposto e che vivono un sentimento di fastidio verso ciò che li allontana dalla loro identità.
Rom, sinti e romeni i meno graditi. I giovani italiani tra i 18 e i 29 anni giudicano 'simpatici' gli europei in genere con un voto pari a 8,2 su una scala da 1 a 10, gli italiani del Sud (7,8) e gli americani (7,7), mentre ritengono antipatici e da tenere a distanza soprattutto Rom e Sinti (4,1), romeni (5,0) e albanesi (5,2). Attraverso un'indagine è stato chiesto ai giovani di rispondere come si sarebbero comportati in determinate situazioni. Ecco le risposte.
Scegliere con chi andare a cena. I giovani hanno messo in testa le persone disagiate economicamente, giudicano "accettabile" una cena con un ebreo, un omosessuale o con un extra-comunitario. Accettato, ma con freddezza un musulmano. Impensabile pasteggiare con un tossicodipendente o un rom.
Il vicino di casa. Verrebbero accettati tranquillamente omosessuali, ebrei e poveri. No invece a zingari e a chi utilizza sostanze stupefacenti e zingari.
Se un figlio si fidanza. I giovani italiani riterrebbero accettabile avere un figlio che ha un partner o una partner di religione ebraica, ma anche qualcuno con evidenti disagi economici. Meglio comunque se a ritrovarsi in questa situazione è il maschio: per la figlia femmina, infatti, c'è qualche resistenza in più. Scarso entusiasmo se la coppia si formasse con un o una extra-comunitaria o con una persona musulmana. Assai più difficile convivere con l'omosessualità di un figlio. Ma l'incubo peggiore è la possibilità che uno dei propri figli faccia coppia con un tossicodipendente o un rom, situazione considerata inaccettabile.
Identikit del giovane razzista. Il profilo più estremo del razzismo tra i giovani, così come emerge dall'indagine presentata alla Camera, descrive una persona che ostenta superiorità e persistente bisogno di potenza. Ha atteggiamenti apertamente omofobici, spinte antisemitiche, convinzione dell'inferiorità delle donne. E non accetta nessuna razza o etnia diversa dalla propria. Un profilo che riguarda il 10,7 per cento dei giovani, ma estremamente preoccupante. L'indagine definisce questa tipologia come quella dei soggetti "improntati al razzismo".
Un clan che si espande online. Questo clan, rileva la ricerca, si distingue non solo per l'intensità estremizzata delle proprie posizioni, ma anche per la sua capacità di produrre un vero e proprio modo di essere nella società, per la sua tendenza a essere una comunità, per quanto chiusa e ristretta. Si tratta di un agglomerato che sviluppa un forte senso di appartenenza, che ha trovato nella rete il proprio ambito di espressione e riconoscimento, e il proprio megafono. Questo clan ha, anche se per ora non in modo uniforme e unificato, una propria strategia di "espansione", per creare nuovi fan, per sviluppare e far crescere i propri adepti, di ingrossare le proprie fila.
Su Facebook oltre mille gruppi xenofobi. Dalla ricerca emerge inoltre che sono oltre un migliaio i gruppi razzisti e xenofobi che si trovano su Facebook. "Nel nostro studio sul razzismo e i giovani - ha spiegato il direttore di Swg, Enzo Risso, - abbiamo condotto un'indagine su Facebook, una sorta di censimento sui gruppi xenofobi, effettuato tra ottobre e novembre. Ne abbiamo contato un centinaio anti musulmani, 350 anti immigrati alcuni con punte di 7 mila iscritti, 400 anti terroni e napoletani e 300 anti zingari, anche qui con fino a 7mila iscritti". Risso ha spiegato che questa parte dell'indagine "non può essere considerata un censimento vero e proprio perché quella di internet è una realtà che varia continuamente, ma ha un valore indicativo".


(18 febbraio 2010)

Fonte: Repubblica.it


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